Ricorso inammissibile per false fatture: la Cassazione conferma le condanne
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto fine a una vicenda giudiziaria riguardante reati fiscali, dichiarando il ricorso inammissibile presentato da alcuni imputati. La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e confrontarsi puntualmente con le argomentazioni della sentenza impugnata, altrimenti rischiano di essere rigettati senza un esame nel merito. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di diversi soggetti per il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000. Secondo l’accusa, gli imputati avevano utilizzato documenti fiscali falsi per abbattere il proprio carico impositivo.
Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione delle norme processuali e un vizio di motivazione riguardo all’accertamento della loro responsabilità, sia sotto il profilo oggettivo (la materialità del fatto) che soggettivo (l’intenzionalità).
Analisi del ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso presentato dagli imputati del tutto generico e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno osservato che i ricorrenti non hanno mosso contestazioni specifiche alla decisione della Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, si fondava su un quadro probatorio solido e articolato, che i motivi di ricorso non sono riusciti a scalfire.
In particolare, le prove a carico degli imputati includevano:
1.  Le dichiarazioni di un terzo: Un soggetto aveva ammesso di aver emesso le false fatture in accordo con gli imputati, in cambio di un compenso percentuale (tra il 4% e il 5% dell’importo). Queste dichiarazioni sono state ritenute attendibili.
2.  I riscontri esterni: Le indagini e le verifiche condotte dalla Guardia di Finanza avevano confermato la falsità delle operazioni, fornendo prove oggettive che corroboravano le dichiarazioni accusatorie.
Il ricorso non si è confrontato con questi elementi, limitandosi a una critica generale e non specifica, incapace di mettere in discussione la logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base della manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti. Secondo i giudici, quando una sentenza di merito si basa su prove convergenti e ben articolate, un ricorso in cassazione non può limitarsi a riproporre genericamente le stesse questioni già valutate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. È necessario, invece, individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza impugnata, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La Corte ha quindi ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per i ricorrenti. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere un atto tecnico-giuridico preciso e circostanziato. L’impugnazione generica, che non si confronta criticamente con le ragioni della decisione impugnata, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni per chi la propone.
 
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano specificamente con le argomentazioni e le prove valorizzate nella sentenza di condanna, che si basava sia su dichiarazioni che su riscontri investigativi.
Quali prove sono state considerate decisive per la condanna originaria?
Le prove decisive sono state le dichiarazioni della persona che ha ammesso di aver emesso le fatture false in cambio di un compenso e, soprattutto, i riscontri esterni ottenuti dalle indagini e dalle verifiche della Guardia di Finanza, che hanno confermato l’inesistenza delle operazioni fatturate.
Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della decisione della Cassazione?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati a pagare le spese processuali e a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7666 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7666  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA NOME NOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME sono stati condannati alle pene di legge con l’abbreviato per violazione dell’a 74 del 2000;
Rilevato che gli imputati ricorrono per cassazione sulla base di un unico motivo per v norme processuali e vizio di motivazione in merito all’accertamento di responsabili riferimento all’elemento soggettivo che oggettivo;
Rilevato che il motivo non si confronta con la decisione che ha valorizzato non solo le d di NOME COGNOME, il quale ha ammesso che, dopo la cessazione della sua attività e l difficoltà economiche, si era accordato con i titolari delle ditte al fine di emettere per operazioni inesistenti con un compenso variabile tra il 4% e il 5% dell’importo ma anche i riscontri esterni costituiti dalle indagini e dalle verifiche della Gua analiticamente riportate nelle sentenze di merito;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debba essere dichiarati inammissibili e ril declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cas ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese p della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024
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