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Ricorso inammissibile per false fatture: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da alcuni imprenditori condannati per l’utilizzo di false fatture. La Corte ha ritenuto che il motivo di appello fosse generico e non contestasse adeguatamente le prove a carico degli imputati, tra cui le dichiarazioni di chi emetteva le fatture e le indagini della Guardia di Finanza. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per false fatture: la Cassazione conferma le condanne

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto fine a una vicenda giudiziaria riguardante reati fiscali, dichiarando il ricorso inammissibile presentato da alcuni imputati. La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e confrontarsi puntualmente con le argomentazioni della sentenza impugnata, altrimenti rischiano di essere rigettati senza un esame nel merito. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di diversi soggetti per il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000. Secondo l’accusa, gli imputati avevano utilizzato documenti fiscali falsi per abbattere il proprio carico impositivo.

Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione delle norme processuali e un vizio di motivazione riguardo all’accertamento della loro responsabilità, sia sotto il profilo oggettivo (la materialità del fatto) che soggettivo (l’intenzionalità).

Analisi del ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso presentato dagli imputati del tutto generico e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno osservato che i ricorrenti non hanno mosso contestazioni specifiche alla decisione della Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, si fondava su un quadro probatorio solido e articolato, che i motivi di ricorso non sono riusciti a scalfire.

In particolare, le prove a carico degli imputati includevano:

1. Le dichiarazioni di un terzo: Un soggetto aveva ammesso di aver emesso le false fatture in accordo con gli imputati, in cambio di un compenso percentuale (tra il 4% e il 5% dell’importo). Queste dichiarazioni sono state ritenute attendibili.
2. I riscontri esterni: Le indagini e le verifiche condotte dalla Guardia di Finanza avevano confermato la falsità delle operazioni, fornendo prove oggettive che corroboravano le dichiarazioni accusatorie.

Il ricorso non si è confrontato con questi elementi, limitandosi a una critica generale e non specifica, incapace di mettere in discussione la logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base della manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti. Secondo i giudici, quando una sentenza di merito si basa su prove convergenti e ben articolate, un ricorso in cassazione non può limitarsi a riproporre genericamente le stesse questioni già valutate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. È necessario, invece, individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza impugnata, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La Corte ha quindi ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per i ricorrenti. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere un atto tecnico-giuridico preciso e circostanziato. L’impugnazione generica, che non si confronta criticamente con le ragioni della decisione impugnata, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni per chi la propone.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano specificamente con le argomentazioni e le prove valorizzate nella sentenza di condanna, che si basava sia su dichiarazioni che su riscontri investigativi.

Quali prove sono state considerate decisive per la condanna originaria?
Le prove decisive sono state le dichiarazioni della persona che ha ammesso di aver emesso le fatture false in cambio di un compenso e, soprattutto, i riscontri esterni ottenuti dalle indagini e dalle verifiche della Guardia di Finanza, che hanno confermato l’inesistenza delle operazioni fatturate.

Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della decisione della Cassazione?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati a pagare le spese processuali e a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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