Ricorso Inammissibile: Quando la Gravità del Reato Giustifica la Pena
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ridiscutere valutazioni di merito già correttamente effettuate dai giudici dei gradi precedenti. Il caso in esame riguardava un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per il reato di evasione, la cui lunga durata è stata ritenuta un fattore decisivo per la determinazione della pena.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione. A seguito della decisione della Corte d’Appello di Bari, che confermava la sua responsabilità, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. I motivi del ricorso si concentravano sulla presunta eccessiva severità della sanzione, auspicando il riconoscimento di circostanze attenuanti.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si concentra sulla validità stessa dell’impugnazione. Secondo i giudici, i motivi presentati dall’imputato non erano nuovi, ma si limitavano a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorso era fondato su profili che il giudice di merito aveva già vagliato con argomenti giuridicamente corretti e privi di manifeste illogicità.
Le Motivazioni: La Gravità dell’Evasione e le Conseguenze Sanzionatorie
Il cuore della motivazione risiede nella valutazione della gravità del reato commesso. La Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito una ‘congrua giustificazione’ in merito alla gravità dell’evasione. In particolare, la durata dell’allontanamento, protrattosi per ben sette mesi, è stata considerata un elemento di tale peso da giustificare l’esclusione di qualsiasi ‘attenuazione sanzionatoria’. In altre parole, la condotta dell’imputato è stata ritenuta così grave da non meritare alcuno sconto di pena. La valutazione del giudice di merito è stata quindi considerata logica e ben fondata, rendendo i motivi del ricorso infondati e, di conseguenza, inammissibili.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul fatto, ma un controllo di legittimità sulle decisioni precedenti. Non è possibile sperare di ottenere una nuova valutazione delle prove o delle circostanze di fatto. In secondo luogo, la decisione sottolinea come la gravità concreta del reato, in questo caso la sua durata, sia un fattore determinante per la commisurazione della pena. La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, un’ulteriore sanzione che funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si fondava su motivi di censura che erano già stati adeguatamente esaminati e respinti dal giudice di merito (la Corte d’Appello) con argomentazioni giuridicamente corrette e non illogiche.
Quale elemento è stato considerato decisivo per negare una riduzione della pena?
L’elemento decisivo è stata la gravità dell’evasione, determinata in particolare dalla sua lunga durata, pari a sette mesi. Questo fattore è stato ritenuto sufficiente a giustificare l’esclusione di qualsiasi attenuante sanzionatoria.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base alla decisione e all’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12559 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12559 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN SEVERO il 22/04/1979
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
88/RG 37118
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sentenza in epigrafe per delitto di evasione;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto il ricorso inammissibile perché fondato su profili di censura già adeguatamente vagliat e disattesi dal giudice di merito con argomenti giuridicamente corretti e privi di manife illogicità (si veda, in particolare, pag. 3, in cui si rinviene congrua giustificazione in ord gravità dell’evasione durata sette mesi tale da escludere qualsiasi attenuazione sanzionatoria); ritenuto che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. pr pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 marzo 2025