Ricorso inammissibile: quando la genericità dei motivi ferma l’appello
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi generici, che non possono essere esaminati in sede di legittimità. Questo caso riguarda un imputato condannato per il reato di evasione che ha visto il suo ricorso respinto a causa della sua natura non specifica, specialmente riguardo la contestazione del trattamento sanzionatorio.
I fatti del caso e la condanna per evasione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. L’imputato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, si era allontanato dal luogo di detenzione in due distinte occasioni. La Corte d’Appello di Torino aveva confermato la sua colpevolezza e, nel determinare la pena, aveva negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).
I motivi del ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando proprio la decisione dei giudici di merito di non applicare le attenuanti. Secondo la difesa, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello sarebbe stata illogica e insufficiente. Le censure si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio, un aspetto tipicamente rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice che ha esaminato i fatti.
La valutazione del ricorso inammissibile in Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché i motivi addotti erano generici. I giudici di legittimità hanno sottolineato che le doglianze proposte investivano un profilo, quello della determinazione della pena, che rientra nell’esclusivo apprezzamento del giudice di merito. Tale valutazione non è sindacabile in Cassazione se, come nel caso di specie, è supportata da una motivazione logica e completa.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha spiegato che la decisione della Corte d’Appello di negare le attenuanti generiche era tutt’altro che immotivata. I giudici di merito avevano infatti basato la loro scelta su due elementi concreti e rilevanti: i precedenti penali dell’imputato e le specifiche modalità del reato commesso. L’essersi allontanato per ben due volte dal luogo degli arresti domiciliari dimostrava una particolare noncuranza per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo. La motivazione è stata quindi ritenuta esauriente e logicamente coerente, rendendo le critiche del ricorrente infondate e, di conseguenza, il suo ricorso inammissibile.
Le conclusioni
Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. La sua funzione è quella di controllare la corretta applicazione della legge, non di riesaminare le valutazioni di merito, come la concessione delle attenuanti. Per superare il vaglio di ammissibilità, i motivi devono essere specifici e denunciare vizi di legittimità, non limitarsi a una generica contestazione delle decisioni del giudice precedente. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici. Essi contestavano la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla concessione delle attenuanti, un aspetto che non può essere riesaminato in sede di legittimità se la decisione è sorretta da una motivazione logica e completa.
Quali elementi hanno giustificato il diniego delle attenuanti generiche?
I giudici hanno negato le attenuanti generiche basandosi su due fattori specifici: i precedenti penali dell’imputato e le concrete modalità del reato, ovvero il fatto che l’imputato si fosse allontanato dal luogo degli arresti domiciliari in due diverse occasioni.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13450 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13450 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME; sentite le parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di evasi 385 cod. pen.) non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché generici proposte investono, infatti, un profilo della regiudicanda, quello del trattamento sa rimesso all’esclusivo apprezzamento del giudice di merito, sottratto a scrutinio di quando risulti sorretto, come deve constatarsi nel caso dell’impugnata sentenza, da e logica motivazione ai fini del diniego di applicazione delle circostanze di cui all’ar 62 -bis cod. pen., denegate valorizzando i precedenti penali dell’imputato e le concrete modalità poiché l’imputato si era allontanato, in due occasioni, dal luogo di degli arresti domc
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condann ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in fav Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso 1’8 marzo 2024