Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10414 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10414 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza del 5 ottobre 2023, il Tribunale di Caltanissetta rigettava l’istanza di riesame avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta con la quale era stata applicata a COGNOME NOME, indagato per il reato di estorsione aggravata, la misura della custodia cautelare in carcere.
1.1 Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME, rilevando come l’impianto accusatorio risultava incentrato fondamentalmente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa COGNOME NOME, connotate da insuperabile contraddittorietà e reticenza non solo nella fase iniziale, ma anche successivamente, quando gli era stata rivelata l’attività captativa svolta dagli inquirenti: in particolare, dalla documentazione prodotta dalla difesa risultava che, contrariamente a quanto dichiarato da COGNOME, tra questi e COGNOME vi erano stati pregressi rapporti lavorativi; inoltre, non si poteva escludere che la reticenza di COGNOME derivasse dalla impossibilità di restituire a COGNOME le somme da questi anticipate, con conseguente natura solo civilistica della vicenda; COGNOME aveva infatti dichiarato di essere creditore da tempo dell’impresa COGNOME e che questi si era impegnato ad eseguire lavori nelle proprietà riferibili all’indagato e che non aveva mai adempiuto, versione dei fatti che trovava conforto non solo nella documentazione prodotta dalla difesa, ma anche nel contenuto delle conversazioni intercorse con COGNOME.
1.2 Il difensore osserva che, contrariamente a quanto scritto nell’ordinanza impugnata, COGNOME aveva spiegato le ragioni per le quali era in possesso della somma poi sequestrata, e che era illogico quanto riferito da COGNOME relativamente alla somma destinata al mantenimento di fantomatici detenuti di 23.000,00 euro da dividere in 3.000,00 euro al mese (somma comunque non divisibile per tre); in tale scenario di contraddizione e reticenza non era quindi irrilevante il mancato rinvenimento dell’altra parte della banconota che COGNOME aveva riferito essere stata divisa a metà, visto che COGNOME aveva subìto nell’immediatezza dei fatti una perquisizione sia locale che personale; aveva errato il Tribunale nel definire COGNOME “soggetto pluripregiudicato anche per il reato di associazione di stampo mafioso…dedito ad attività estorsiva in danno di imprenditori locali”, atteso che COGNOME non aveva altri procedimenti in corso oltre a quello in esame e nessun altro imprenditore lo aveva denunciato per fatti similari.
1.3 Il difensore lamenta l’erroneità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, visto che le modalità della condotta contestata non erano ripetibili da chi è sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e che del tutto errata era la considerazione del Tribunale sulla capacità a delinquere dell’indagato e sulla attualità della sua pericolosità sociale.
vs.”:
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Relativamente ai primi due motivi di ricorso, giova premettere che il controllo di legittimità relativo ai provvedimenti de libertate, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr., tra le tante, Sez. 2, sent. n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760). La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen., è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 1, sent. n. 1769 del 23/3/95, Ciraolo, Rv. 201177), sicché, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto ch governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, sent. n. 22500 del 3/05/2007, Terranova, Rv. 237012; si cfr. altresì Sez. U. sent. n. 11 del 21/04/1995, NOME ed altro, Rv. 202001). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò premesso, a fronte della motivazione del Tribunale che ha evidenziato la credibilità delle dichiarazioni di COGNOME, riscontrate dalle intercettazioni telefoniche, dai servizi di osservazione e dalle dichiarazioni di COGNOME NOME, i primi due motivi di ricorso propongono una ricostruzione alternativa (inammissibile nella presente sede) riproponendo censure su cui il Tribunale ha già risposto, con mancanza di specificità degli stessi.
1.2 Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha correttamente richiamato la doppia presunzione di cui all’art. 275 cod. proc. pen., aggiungendo le considerazioni di cui alle ultime due pagine dell’ordinanza impugnata, congrue
e coerenti con le risultanze processuali; anche il terzo motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perch provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consentono di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 20/12/2023