Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45016 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45016 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 30662/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti rispettivamente da: NOME nato ad Ascoli Piceno il 19/08/1960 e da: Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Ancona nel procedimento a carico di: NOME nato ad Ascoli Piceno il 19/08/1960
avverso la sentenza del 12/03/2024 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona con sentenza del 12/03/2024 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 12/07/2023, che – riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata circostanza aggravante dell’uso dell’arma – aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni cinque mesi uno e giorni dieci di reclusione ed euro millecento cinquanta di multa per i reati ascrittigli.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 629 cod. pen. Rileva che la condotta posta in essere dal Poli non Ł connotata da profili di violenza; che addirittura due delle persone offese, NOME e NOME COGNOME hanno dichiarato di non conoscere l’imputato; che l’altra persona offesa, NOME COGNOME ha avuto modo di interagire con l’odierno ricorrente solo in una occasione in data 29/03/2023; che, dunque, sussiste una manifesta inidoneità soggettiva ed oggettiva della condotta posta in essere dal Poli a fondare una accura per
un reato così grave, specie se si tien conto che trattasi di soggetto ultrasessantenne, ristretto agli arresti domiciliari e afflitto da problemi fisici e di salute; che, del resto, non Ł possibile ritenere che la pubblicazione di qualche post su Facebook (senza tag e destinatari specifici) possa aver inciso dal punto di vista causale sul reale obnubilamento delle capacità volitive e di autodeterminazione dei tre soggetti che hanno partecipato all’asta, in considerazione del fatto che non si tratta di soggetti deboli o vulnerabili, quanto di persone inserite in contesti sicuri e tutelati; che, quanto all’ingiusto profitto, Ł utile evidenziare che l’immobile in discorso non Ł stato aggiudicato nemmeno nelle due aste successive, andate deserte, stante l’evidente problematica del bene, ora correttamente rappresentata dal bando d’asta.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione alla circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto con l’uso di armi. Osserva sul punto che l’arma che sarebbe stata utilizzata nel corso dell’episodio del 29/03/2022 non Ł mai stata individuata, rinvenuta o sequestrata ovvero anche solo compiutamente descritta (un pezzo di legno o un bastone) al fine di valutarne l’idoneità a configurare la contestata circostanza aggravante; che dall’istruttoria dibattimentale Ł emerso che in occasione dell’incontro del 29/03/2022 l’integrità fisica dell’COGNOME non Ł mai stata messa a repentaglio, avendo quest’ultimo ricevuto solo offese verbali dal Poli; che, in ogni caso, la vicenda risulta poco chiara, tenuto conto che l’arma sarebbe stata mostrata dal ricorrente mentre era all’interno dell’autovettura con il finestrino chiuso, che non consentiva di vedere nulla.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, rilevando come gli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale depongano tutti in tal senso: si tratterebbe del solo episodio del 29/3/2022 nel corso del quale non Ł stata usata violenza e di qualche post, nemmeno indirizzato alle persone offese. Ritiene, inoltre, che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche costituisca un mero palliativo rispetto all’ingiusta pena irrogata per fatti che, se considerati penalmente rilevanti, avrebbero dovuto essere inquadrati nella ipotesi lieve.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per carenza o manifesta contraddittorietà della motivazione in relazione ad elementi decisivi. Rileva che la motivazione non ha preso in considerazione le argomentazioni difensive e la documentazione prodotta, che in parte smentisce le dichiarazioni rese dalle parti civili; che non spiega perchØ il Poli avrebbe continuato a pubblicare post minatori anche dopo la scadenza del termine per il versamento dell’intero prezzo da parte degli aggiudicatari provvisori; che non ha correttamente inquadrato la procedura immobiliare esecutiva a carico dell’odierno ricorrente; che, invero, la situazione dell’immobile rappresentata il giorno dell’asta non era reale e aderente all’effettivo stato dell’immobile, non risultando evidenziati i danni cagionati da un precedente incendio; che tale problematica ha creato una concatenazione di eventi poi sfociati nel presente procedimento; che, in buona sostanza, gli aggiudicatari provvisori avevano desistito dal chiedere l’aggiudicazione definitiva non per le minacce del Poli, ma per i problemi dell’immobile successivamente emersi, che avrebbero comportato ulteriori e non preventivate spese; che, a fronte di siffatte emergenze, le dichiarazioni delle parti civili risultano discordanti, reticenti e palesemente illogiche.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 62bis , 132 e 133 cod. pen., nonchØ mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Osserva che sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche per adeguare la pena al caso concreto,
nonostante entrambi i giudici di merito avessero ben messo in evidenza l’elevata intensità del dolo, la pervicacia dimostrata nel reiterare i comportamenti minacciosi, peraltro tenuti nonostante il Poli fosse ristretto agli arresti domiciliari con divieto di comunicare con persone diverse da quelle con lui coabitanti, i plurimi precedenti penali da cui l’imputato risulta gravato; che la circostanza per cui le minacce non sono trasmodate in violenza fisica costituisce elemento del tutto recessivo rispetto a quegli altri prima evidenziati; che, dunque, la motivazione sul punto Ł manifestamente illogica e contraddittoria; che, infine, Ł illogico e contraddittorio anche il giudizio di equivalenza espresso dai giudici di primo e secondo grado con la circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto con l’uso dell’arma, che al piø – una volta riconosciute le circostanze attenuanti generiche – avrebbe dovuto essere espresso in termini di subvalenza per le ragioni sopra indicate.
In data 12 novembre Ł pervenuta articolata memoria difensiva delle parti civili NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed in data 13/11/2024 sono pervenute conclusioni scritte delle stesse parti civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME Ł inammissibile, in quanto tutti e quattro i motivi proposti – trattabili congiuntamente – non sono consentiti, essendo costituiti da mere doglianze di fatto, finalizzate a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimità, infatti, Ł precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale Ł quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione. In altri termini, eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME Rv. 284556 – 01; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 – 01).
Pertanto, il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento e non può, quindi, estendersi all’esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.
Dunque, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito ed il voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce una mera censura di fatto sul profilo specifico
dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazione o di violazione di legge penale, in realtà non configurabili nel caso in esame, posto che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaustivo percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica.
Peraltro, la sentenza impugnata in punto di responsabilità ed in relazione alla ricostruzione dei fatti ascritti all’imputato costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280654 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
Deve esser evidenziato, inoltre, che il ricorso Ł reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, che ha evidenziato come per la configurabilità dell’estorsione sia sufficiente la minaccia, anche implicita o larvata o ancora indiretta, scritta o orale, determinata o indeterminata, purchØ idonea a coartare la volontà della persona offesa; come, nel caso di specie, la rinuncia degli aggiudicatari provvisori a versare l’intero prezzo non sia avvenuta per una loro autonoma determinazione, in ragione del deprezzamento dell’immobile per l’incendio che lo aveva riguardato, ma in seguito alla condotta intimidatoria del Poli, come si evince dalle concordi dichiarazioni delle persone offese, le quali hanno dichiarato che le condotte minacciose hanno avuto inizio una volta avvenuta l’aggiudicazione provvisoria e sono continuate anche successivamente al fine di evitare che si presentassero alle aste successive; come la vicenda non potesse inquadrarsi nell’ipotesi lieve dell’art. 629 cod. pen., in ragione delle concrete circostanze del fatto, che ne escludono l’episodicità e la modestia. Quanto, poi, alla ricorrenza della circostanza aggravante contestata, soccorre la sentenza di primo grado, che come accennato – si fonde, integrandola, con la sentenza impugnata. Ebbene, il provvedimento del giudice di prime cure ha ben descritto la minaccia portata all’COGNOME dall’imputato con un bastone della lunghezza di circa 80/100 cm. con il manico rosso, mostrato alla persona offesa mentre il COGNOME era all’interno della autovettura, avendolo posizionato all’altezza del finestrino.
Orbene, tenuto conto della peculiare modalità di redazione del ricorso, che ha sostanzialmente riprodotto il contenuto dei motivi di appello, si rende opportuna una premessa: la funzione tipica dell’impugnazione Ł quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione Ł, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01).
Il motivo di ricorso in cassazione Ł, infatti, caratterizzato da una duplice specificità, dovendo contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che
conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen, alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME Rv. 277710 – 01; Sez. 2, n. 45958 del 21/10/2022, COGNOME, non mass.).
Risulta, pertanto, di chiara evidenza che, se il ricorso si limita, come nel caso oggetto di scrutinio, a riprodurre i motivi di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale Ł previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, Ł di fatto del tutto ignorato.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del Poli al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Dall’esito del giudizio discende anche la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalle parti civili, che si liquidano in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge. Rileva, invero, il Collegio che la articolata memoria ha fornito un contributo alla decisione nella misura in cui ha contrastato specificamente i motivi di impugnazione (Sez. U, n. 887 del 14/07/2022, COGNOME, in motivazione).
Il ricorso del Procuratore generale Ł inammissibile.
Invero, la motivazione con la quale la Corte territoriale ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche non presenta profili di manifesta contraddittorietà ovvero di illogicità, atteso che – ferma restando la ricostruzione del fatto, posto in essere con modalità odiose – ha ritenuto di dover adeguare la pena al caso concreto, valorizzando la circostanza per cui in definitiva la condotta non Ł mai trasmodata in violenza fisica, oltre al particolare contesto all’interno del quale le minacce sono maturate.
Trattasi di valutazione di merito che, in quanto giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, Ł insindacabile in cassazione.
La qualità di parte pubblica del ricorrente lo esonera per legge dalla condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi presentati dal Pubblico Ministero e da COGNOME NOME. Condanna COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME