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Ricorso inammissibile per droga: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, condannata per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La ricorrente era stata vista gettare la sostanza dal finestrino di un’auto. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici e infondati, confermando la condanna e sanzionando il carattere dilatorio dell’appello. Questo caso evidenzia i requisiti per un valido ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione è Destinato a Fallire

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. Il caso riguarda una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti, ma la lezione che se ne trae ha una valenza molto più ampia, toccando i principi fondamentali del processo penale e i limiti del giudizio di legittimità. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprendere perché il ricorso non ha superato il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna, ritenuta colpevole del reato previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90 (Testo Unico Stupefacenti). L’imputata era stata accusata di detenere sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La condotta specifica che ha portato alla condanna consisteva nell’aver gettato la droga dal finestrino lato passeggero di un’autovettura.

La sua colpevolezza era stata affermata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte di Appello. La ricostruzione dei fatti accolta dai giudici di merito si basava sulle prove raccolte, che indicavano come l’imputata fosse stata vista dagli operanti compiere il gesto di lanciare l’involucro contenente lo stupefacente.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Di fronte alla Suprema Corte, la difesa della ricorrente ha tentato di smontare l’impianto accusatorio sollevando un vizio di motivazione. In particolare, i motivi di ricorso si concentravano su due punti principali:

1. Errata attribuzione della sostanza: La difesa contestava che lo stupefacente fosse riferibile all’imputata.
2. Inattendibilità delle dichiarazioni: Veniva messa in dubbio l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal conducente del veicolo.

L’obiettivo era dimostrare che la motivazione delle sentenze precedenti fosse illogica o contraddittoria nel collegare la sostanza stupefacente alla condotta della donna.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un livello precedente: valuta se il ricorso possiede i requisiti minimi per essere discusso. In questo caso, la risposta è stata negativa.

Le Motivazioni della Decisione

Il Collegio ha ritenuto i motivi di ricorso ‘manifestamente infondati’ e ‘generici’. La Corte ha spiegato che le censure sollevate non costituivano una critica puntuale e specifica alle argomentazioni della sentenza d’appello, ma si limitavano a riproporre una diversa lettura dei fatti. Questo è un errore comune nei ricorsi per cassazione. Il ruolo della Suprema Corte, infatti, non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma quello di ‘giudice di legittimità’, che controlla solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

La Corte ha sottolineato che la motivazione della Corte di Appello era né illogica né contraddittoria. I giudici di merito avevano adeguatamente spiegato perché ritenevano che la droga fosse dell’imputata (era stata vista gettarla) e perché la detenzione fosse finalizzata allo spaccio (in base ai profili ponderali della sostanza). Di fronte a una motivazione così strutturata, un ricorso generico, che non si confronta specificamente con queste argomentazioni, è destinato all’inammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per la ricorrente:

1. La condanna è divenuta definitiva.
2. È stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

Quest’ultima sanzione viene inflitta quando il ricorso appare ‘palesemente dilatorio’, ovvero proposto senza serie possibilità di accoglimento, quasi a voler solo ritardare l’esecuzione della pena. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge o di logica manifesta, non su un semplice disaccordo con la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito. Per avere successo, è necessario articolare critiche precise, tecniche e pertinenti, dimostrando dove e perché la sentenza impugnata ha errato nell’applicare la legge o nel ragionare sui fatti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, generici e non contenevano una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a proporre una diversa valutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa del carattere palesemente dilatorio e infondato del suo ricorso. Inoltre, la sua condanna è diventata definitiva.

Come ha giustificato la Corte di merito la responsabilità dell’imputata?
La responsabilità è stata giustificata sulla base di due elementi principali: primo, gli operanti avevano visto l’imputata gettare la sostanza stupefacente dal finestrino dell’auto; secondo, i profili ponderali della droga erano tali da far ritenere che la detenzione fosse finalizzata allo spaccio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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