Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10856 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10856 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALI’ TERME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto rigettarsi il ricorso; lette le conclusioni depositate dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, nell’interesse RAGIONE_SOCIALE parti civili, con le quali ha chiesto confermarsi la sentenza impugnata e liquidarsi le spese come da nota allegata;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, depositate nell’interesse del ricorrente, che ha richiamato i motivi di ricorso, in replica alle conclusioni della Procura generale, e ha chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina, con la sentenza emessa il 16 giugno 2023, confermava la sentenza del Tribunale peloritano, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME, in ordine al delitto di diffamazione, «perché comunicando con più persone offendeva la reputazione di COGNOME NOME e COGNOME NOME. Segnatamente apponeva sulla ringhiera del proprio terrazzo un
manifesto con la scritta: “Attenti all’uomo, attenti alle persone frustrate. Queste sputano veleno perché il cane, è risaputo, riconosce al fiuto l’essere umano e sa con chi socializzare. Una sentenza del AVV_NOTAIO stabilisce che abbaiare è un diritto esistenziale del cane. Trovate altre forme di sfogo e rispettate gli animali. RAGIONE_SOCIALE” e una vignetta raffigurante un uomo appoggiato sulle braccia e sulle gambe, in prossimità di una cuccia, di una scodella e di un osso legato con un guinzaglio».
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 533 e 530 cod. proc. pen.
Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata risulta aver individuato NOME COGNOME quale autore del reato, pur se i COGNOME nella deposizione non riferivano di aver visto che lo stesso apponeva il manifesto al balcone: l’individuazione avveniva perché lo stesso era proprietario dell’appartamento ovvero ritenendo una responsabilità concorsuale dello stesso con una posizione di garanzia che non ha riscontro normativo.
In sostanza la natura perplessa della motivazione e il riferimento all’art. 110 cod. pen. non contestato, costituiscono vizi che imporrebbero l’accoglimento del ricorso.
Le parti hanno concluso depositando le rispettive conclusioni come indicato in epigrafe.
Il ricorso è stato trattato senza intervento RAGIONE_SOCIALE parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), al più con l’aggiunta di
espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù RAGIONE_SOCIALE quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
A ben vedere il ricorso trascura di confrontarsi con la circostanza che conduce la Corte di appello a individuare COGNOME quale autore del reato: oltre alla proprietà dell’appartamento, elemento indicato in ricorso, la Corte di appello richiama anche la circostanza che fra lo stesso COGNOME (e non altri appartenente al nucleo familiare dei COGNOME) e i COGNOME vi erano stati precedenti annose tensioni sfociate anche in azioni giudiziarie.
E bene la Corte chiarisce che COGNOME era possessore del cane che aveva determinato polemiche con altri condomini, «già parte in causa nella pregressa diatriba epistolare con i due COGNOME costituitisi parte civile». D’altro canto, dall’imputazione emerge anche il riferimento alla vicenda giudiziaria.
Si tratta di una motivazione congrua e non manifestamente illogica, con la quale il ricorrente non si confronta, limitandosi ad ‘attaccare’ il solo dato della proprietà e il passaggio argomentativo che vede COGNOME imputato comunque ai sensi dell’art. 110 cod. pen., circostanza indicata in via subordinata e comunque tale da non determinare alcuna nullità, come osserva la Procura generale, in quanto costante è l’orientamento che esclude – senza previa modifica dell’imputazione nel corso del giudizio e dunque possibilità di esercizio mirato e conseguente del diritto di difesa – la violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando, allorchè è contestato a taluno un reato commesso “uti singulus”, e ne affermi la responsabilità in concorso con altri (Sez. 2, n. 22173 del 24/04/2019, COGNOME, Rv. 276535 – 01; Sez. 6, n. 21358 del 05/05/2011, Rv. 250072; Sez. 4, n. 31676 del 04/06/2010, Rv. 24810; n. 24438 del 2005 Rv. 231855 – 01, n. 2794 del 1998 Rv. 210005 – 01).
In sostanza la circostanza che la censura si rivolga solo a una parte della motivazione esclude la decisività della doglianza, che invece deve essere tale da disarticolare l’argomentazione impugnata.
Infatti, in tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza del principio di specificità in relazione alla prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, è necessario che esso contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un’evidenza – pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante – di per sé dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argomentativo del provvedimento impugnato per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Sez.1, n. 54281 del 05/07/2017, COGNOME, Rv. 272492 – 01).
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Pertanto, il motivo è generico.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE ammende, oltre che alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi euro 3167,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi euro 3167,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, 19/12/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente