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Ricorso inammissibile per detenzione di stupefacenti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. La decisione si fonda sul principio che le censure basate su una rivalutazione dei fatti (come la quantità di droga e la presenza di bilancini) non possono essere esaminate in sede di legittimità, confermando la condanna e sanzionando il ricorrente per colpa nella proposizione del ricorso.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio sui Fatti

Quando un ricorso arriva in Corte di Cassazione, non tutte le doglianze possono essere esaminate. La recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i confini del giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile in un caso di detenzione di stupefacenti. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione del diritto.

Il Caso: Detenzione di Sostanze Stupefacenti e la Condanna

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo a otto mesi di reclusione per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La condanna, emessa a seguito di un giudizio abbreviato, era stata confermata dalla Corte d’Appello.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, diversi elementi provavano in modo inequivocabile che la detenzione della cocaina non fosse destinata a un uso personale, ma alla cessione a terzi. Tra questi:

* Il dato quantitativo della sostanza sequestrata, da cui era possibile ricavare 38 dosi medie singole.
* La suddivisione della droga in 27 involucri separati.
* Il rinvenimento di due bilancini di precisione presso l’abitazione dell’imputato.
* L’assenza di prove che l’imputato fosse un tossicodipendente.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali:

1. Una presunta violazione di legge nell’accertamento della condotta di detenzione a fini di spaccio.
2. Una presunta violazione di legge nel diniego delle circostanze attenuanti generiche.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi non meritevoli di accoglimento, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e netta per la sua decisione, analizzando separatamente i due motivi di ricorso.

Primo Motivo: Le Censure in Punto di Fatto

La Corte ha stabilito che il primo motivo era inammissibile perché le critiche sollevate non riguardavano errori di diritto, ma erano ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, il ricorrente non stava contestando una scorretta applicazione della legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, cosa non consentita in sede di legittimità. I giudici di merito avevano già adeguatamente valutato tutti gli elementi a disposizione (quantità, suddivisione in dosi, bilancini) e avevano spiegato in modo puntuale e logico perché questi indicassero l’intenzione di spacciare. Un simile tentativo di rilettura delle prove è estraneo ai compiti della Cassazione.

Secondo Motivo: il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha osservato che la decisione di non concedere le attenuanti generiche era giustificata dalla presenza di due precedenti penali a carico dell’imputato e dalla sua mancata collaborazione alla ricostruzione dei fatti. Questi elementi, correttamente valutati dai giudici di merito, legittimavano pienamente il diniego del beneficio.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La dichiarazione di inammissibilità ha reso definitiva la condanna dell’imputato. Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa sanzione aggiuntiva è prevista quando l’inammissibilità del ricorso è determinata da colpa del ricorrente, come nel caso in cui vengano proposti motivi non consentiti dalla legge.

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su questioni di legittimità, ovvero su presunte violazioni di legge o vizi procedurali. Tentare di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di primo e secondo grado è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche ulteriori conseguenze economiche.

Perché il ricorso presentato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate dall’imputato non riguardavano errori di diritto, ma consistevano in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che non è permessa in sede di Corte di Cassazione.

Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga fosse destinata allo spaccio e non all’uso personale?
I giudici hanno basato la loro convinzione su più elementi: la quantità della sostanza, sufficiente per 38 dosi; la sua suddivisione in 27 involucri; il ritrovamento di due bilancini di precisione; e la mancata dimostrazione, da parte dell’imputato, di uno stato di tossicodipendenza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nel presentare un ricorso con motivi non consentiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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