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Ricorso inammissibile per coltivazione stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un indagato per concorso in coltivazione di stupefacenti. L’appello contestava le prove, l’aggravante dell’ingente quantità e le esigenze cautelari. La Corte ha ritenuto le censure generiche, volte a un riesame del merito non consentito, confermando la decisione del Tribunale del Riesame.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per coltivazione stupefacenti: la parola alla Cassazione

Quando un ricorso per cassazione viene presentato, non è sufficiente esporre il proprio dissenso rispetto a una decisione. È necessario individuare precisi vizi di legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione lo ribadisce, dichiarando un ricorso inammissibile in un caso di coltivazione di stupefacenti e fornendo chiari principi sui limiti del giudizio di legittimità, specialmente in materia di misure cautelari.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di un individuo. L’accusa era di concorso nella coltivazione illecita di una piantagione di 1500 piante di canapa, aggravata dall’ingente quantità e dal contesto mafioso. Secondo le indagini, l’uomo avrebbe fornito supporto logistico all’organizzazione, occupandosi di accompagnare i lavoratori e di eseguire lavori agricoli, come la fresatura del terreno con un trattore. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso: una difesa a 360 gradi

La difesa dell’indagato si articolava su tre punti principali:

1. Insussistenza dei gravi indizi: L’avvocato sosteneva che la partecipazione del suo assistito non fosse stata provata in modo univoco. Egli si sarebbe limitato ad accompagnare i lavoratori presso una piantagione già esistente, senza essere a conoscenza della sua illiceità.
2. Inconfigurabilità dell’aggravante: Veniva contestata l’aggravante dell’ingente quantità, ritenendo illogica la motivazione del Tribunale che l’aveva desunta dalla vicinanza dell’indagato agli organizzatori e dalla sua partecipazione ai lavori agricoli.
3. Mancanza di esigenze cautelari: Si criticava la permanenza della misura cautelare nonostante la distanza temporale dai fatti (risalenti al 2021) e l’assenza di un reato associativo contestato direttamente all’indagato.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, che limitano il potere della Suprema Corte alla sola verifica della corretta applicazione della legge, senza poter entrare nel merito della valutazione dei fatti, prerogativa esclusiva dei giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Sentenza

L’analisi della Corte si è concentrata sulla natura delle censure sollevate, ritenendole generiche e orientate a una rivalutazione dei fatti.

Censura sui gravi indizi: un tentativo di riesame del merito

La Corte ha sottolineato come le critiche mosse alla valutazione delle prove (video, intercettazioni, fotogrammi) non evidenziassero vizi logici o giuridici nella motivazione del Tribunale. Al contrario, rappresentavano un tentativo di proporre una lettura alternativa delle risultanze istruttorie. Questo tipo di operazione è precluso nel giudizio di legittimità. Il Tribunale aveva adeguatamente motivato la piena consapevolezza dell’indagato circa l’illiceità e l’estensione della piantagione, basandosi su un quadro probatorio solido e convergente.

L’aggravante dell’ingente quantità e la carenza di interesse

Anche il motivo relativo all’aggravante dell’ingente quantità è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa: la carenza di interesse. La Corte ha spiegato che, in sede cautelare, per contestare un’aggravante è necessario dimostrare che la sua esclusione avrebbe un effetto concreto sulla misura applicata (sull'”an” o sul “quomodo”). In questo caso, l’indagato non ha illustrato come l’eliminazione di tale aggravante avrebbe potuto modificare la decisione sulla necessità degli arresti domiciliari, dato che il reato base era già di per sé sufficientemente grave da giustificarli.

La sussistenza delle esigenze cautelari

Infine, la Corte ha giudicato generica anche la contestazione sulle esigenze cautelari. Il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione logica e adeguata, basata sulla gravità della condotta, sulla personalità dell’indagato (desunta dai precedenti) e sul suo inserimento in contesti di criminalità organizzata. Questi elementi sono stati ritenuti idonei a giustificare sia il pericolo di inquinamento probatorio sia quello di recidiva. Anche in questo caso, il ricorso si limitava a contrapporre una diversa valutazione della pericolosità, senza denunciare una reale illogicità nel ragionamento dei giudici.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere successo, l’impugnazione deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi manifesti della motivazione, non su una diversa interpretazione delle prove. La decisione evidenzia inoltre l’importanza di dimostrare un “interesse concreto” all’impugnazione: non basta contestare un punto della decisione, ma bisogna dimostrare quale vantaggio pratico deriverebbe dall’accoglimento della propria tesi. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’analisi rigorosamente giuridica e non una semplice riproposizione delle argomentazioni fattuali già esaminate nei gradi precedenti.

Quando la Corte di Cassazione considera inammissibile un ricorso che contesta la valutazione delle prove?
Quando il ricorso è generico, non si confronta criticamente con la motivazione del provvedimento impugnato e si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto, attività non consentita nel giudizio di legittimità.

Perché un motivo di ricorso su una circostanza aggravante può essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse in fase cautelare?
Perché l’indagato deve dimostrare che l’eventuale esclusione dell’aggravante avrebbe un effetto concreto e favorevole sulla misura cautelare applicata. Se il reato contestato, anche senza l’aggravante, giustifica comunque la misura, l’interesse a contestarla viene meno.

È possibile contestare la valutazione sulla pericolosità dell’indagato in Cassazione?
Sì, ma solo se si evidenziano vizi di manifesta illogicità o violazioni di legge nel ragionamento del giudice di merito. Non è sufficiente proporre una diversa valutazione degli stessi elementi (come la gravità dei fatti o i precedenti penali), poiché ciò costituirebbe un’inammissibile censura sul merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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