Ricorso Inammissibile: Quando Scontare la Pena Rende Inutile l’Appello
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un principio fondamentale del diritto processuale: l’interesse a ricorrere. Il caso dimostra come, anche in presenza di valide argomentazioni, un’impugnazione possa diventare un ricorso inammissibile se, nel frattempo, i fatti superano la necessità di una decisione. La vicenda riguarda un detenuto che, dopo essersi visto negare la semilibertà, ha continuato la sua battaglia legale fino in Cassazione, solo per scoprire che la giustizia ha i suoi tempi e che, a volte, questi tempi rendono le questioni puramente accademiche.
I Fatti del Caso
Un uomo, condannato a una pena detentiva, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la misura alternativa della semilibertà. Il Tribunale rigettava la richiesta. Ritenendo la decisione ingiusta e viziata, il condannato decideva di proporre ricorso per Cassazione, lamentando sia una violazione di legge sia un difetto di motivazione. In particolare, sosteneva che le sue dichiarazioni erano state travisate a causa della sua scarsa conoscenza della lingua italiana, portando a una valutazione negativa e ingiustificata del suo comportamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza del 25 settembre 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito delle argomentazioni difensive, come l’equivoco linguistico, ma si ferma a una valutazione preliminare di carattere puramente processuale. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ponendo fine al suo percorso giudiziario.
Le motivazioni: il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse
Le ragioni della decisione della Cassazione sono duplici, ma una prevale in modo decisivo. In primo luogo, la Corte osserva che le censure mosse dal ricorrente erano essenzialmente argomenti di fatto, che richiedevano una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, infatti, è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti come un giudice di merito.
Il punto cruciale, tuttavia, è un altro: la sopravvenuta carenza d’interesse. Il beneficio della semilibertà era stato richiesto in relazione a una pena la cui data di fine era fissata al 27 giugno 2025. Al momento della discussione del ricorso in Cassazione, il 25 settembre 2025, tale data era già trascorsa. Di conseguenza, il ricorrente aveva già scontato interamente la sua pena ed era stato rimesso in libertà.
La Corte ribadisce un principio consolidato: l’interesse a impugnare deve essere concreto, attuale e deve persistere per tutta la durata del giudizio. Nel momento in cui la pena è stata espiata, il ricorrente non ha più alcun vantaggio pratico da ottenere da un’eventuale decisione favorevole sulla sua richiesta di semilibertà. Citando un precedente specifico (Cass. n. 2552/2021), la Corte chiarisce che l’unico interesse residuo potrebbe essere legato all’estinzione degli effetti penali della condanna. Tuttavia, tale beneficio non deriva dalla semplice ammissione a una misura alternativa, ma solo dal suo esito positivo. Poiché la misura non è mai stata concessa, non può esserci alcun interesse a una decisione postuma su di essa.
Conclusioni: le implicazioni pratiche
Questa ordinanza è un monito sull’importanza del fattore tempo nei procedimenti giudiziari, specialmente in materia di esecuzione penale. La decisione evidenzia che un ricorso inammissibile può derivare non solo da vizi formali o sostanziali dell’atto, ma anche da eventi esterni che ne svuotano di significato lo scopo. Per i condannati e i loro difensori, ciò significa che l’efficacia di un’impugnazione contro un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è strettamente legata alla durata residua della pena. Se i tempi della giustizia si allungano oltre il termine della condanna, il ricorso, per quanto fondato, è destinato a essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse, con la conseguenza aggiuntiva di una condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza d’interesse quando, al momento della decisione, il ricorrente non ha più alcun vantaggio concreto e attuale da ottenere da un esito favorevole, come nel caso in cui la pena sia già stata interamente scontata.
Perché il completamento della pena prima della decisione rende il ricorso inutile?
Perché lo scopo del ricorso (in questo caso, ottenere la semilibertà per una porzione della pena) non è più raggiungibile. La giustizia non può concedere una misura alternativa per un periodo di detenzione che è già terminato.
L’accoglimento di un ricorso su una misura alternativa estingue gli effetti penali della condanna?
No. Secondo l’ordinanza, è l’esito positivo della misura alternativa (come l’affidamento in prova) a estinguere gli effetti penali, non la semplice ammissione alla misura stessa o una decisione favorevole sul ricorso dopo che la pena è stata scontata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33371 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/02/1986
avverso l’ordinanza del 17/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
C4 Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in data 17/0/2025, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Genova ha respinto l’istanza di semilibertà avanzata da NOME COGNOME
Ritenuto che vengono dedotti il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione;
che le censure deducono meri argomenti di fatto e richiedono una rivalutazione del giudizio negativo sugli atteggiamenti del condannato in ragione del fatto che le sue affermazioni sarebbero rese equivoche dalla sua scarsa conoscenza della lingua;
che tutti gli elementi sono stati vagliati con completezza dal Tribunale di sorveglianza nel rispetto delle regole della logica e delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01);
che il beneficio era stato richiesto con riferimento ad una pena da espiare fino alla data 27/06/2025, oramai decorsa;
che «è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione proposto dal condannato avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale quando, dopo la presentazione del gravame e prima del giudizio di legittimità, lo stesso sia stato rimesso in libertà per l’avvenuta espiazione della pena. (In motivazione la Corte ha escluso che residui un interesse del condannato alla estinzione degli effetti penali della condanna, che consegue all’esito positivo dell’affidamento in prova e non all’ammissione a detta misura alternativa)» (Sez. 5, n. 2552 del 11/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280171 – 01);
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il esidente
Così deciso il 25 settembre 2025
Il Consigliere estensore