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Ricorso inammissibile per calunnia: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per calunnia. La Corte ribadisce di non poter riesaminare le prove e conferma la decisione di merito, ritenendo infondata anche la doglianza sulla pena, giustificata dalla pervicacia dell’imputato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando la Rilettura dei Fatti non è Ammessa

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come funziona il giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione, evidenziando la netta distinzione tra la valutazione dei fatti e la violazione della legge. Quando un imputato tenta di trasformare l’appello in Cassazione in un terzo grado di giudizio di merito, il risultato è spesso un ricorso inammissibile. Questo è esattamente ciò che è accaduto in un caso riguardante una condanna per il reato di calunnia.

Il Caso: Dalla Condanna per Calunnia al Ricorso in Cassazione

Un individuo, condannato in primo grado e in appello per il reato di calunnia ai sensi dell’art. 368 del codice penale, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. La condanna era stata confermata dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto le prove, incluse le dichiarazioni della persona offesa e la documentazione prodotta, sufficienti a dimostrare la colpevolezza.

I Motivi del Ricorso e le Obiezioni della Difesa

La difesa ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:
1. Vizio di motivazione e erronea applicazione della legge penale: L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero valutato erroneamente le prove, chiedendo di fatto alla Cassazione una nuova e diversa lettura delle risultanze processuali.
2. Pena eccessiva e mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava un’eccessiva severità nella determinazione della pena e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Cassazione: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale.

L’Impossibilità di Riesaminare le Prove

Il primo motivo di ricorso è stato respinto poiché si risolveva in una richiesta di riesame del merito della vicenda. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di rivalutare le prove, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva già esaminato le prove, comprese le presunte contraddizioni nelle dichiarazioni della persona offesa, ritenendole comunque attendibili e supportate da documenti. Sollecitare una rilettura di tali elementi in Cassazione è un’operazione non consentita.

La Questione della Pena e il diniego delle attenuanti nel ricorso inammissibile

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La pena inflitta era stata fissata nel minimo edittale, ovvero la sanzione più bassa prevista dalla legge per quel reato. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, i giudici hanno spiegato che il loro diniego era giustificato dalla “pervicacia” del comportamento dell’imputato. Tale ostinazione era emersa dalla dinamica del rapporto con la persona offesa, che era stata indotta a consegnare due assegni coperti proprio nel momento in cui l’imputato ne sollecitava il pagamento.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di due principi cardine. In primo luogo, il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. I motivi di ricorso che mirano a ottenere una nuova valutazione delle prove, già esaminate dai giudici precedenti in modo logico e coerente, sono per loro natura inammissibili. La Corte non sostituisce la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma ne controlla la correttezza del percorso logico-giuridico.

In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche e sulla determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale decisione può essere censurata in Cassazione solo se la motivazione è manifestamente illogica o assente. Nel caso di specie, la motivazione basata sulla “pervicacia” dell’imputato è stata ritenuta adeguata e sufficiente a giustificare sia il diniego delle attenuanti sia la quantificazione della pena nel minimo previsto dalla legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici della motivazione) e non su un disaccordo con l’interpretazione dei fatti data dai giudici di merito. Tentare di ottenere una rilettura delle prove conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Inoltre, la condotta processuale e la personalità dell’imputato, come la “pervicacia” nel commettere il reato, possono legittimamente influenzare la decisione del giudice sulla concessione delle attenuanti generiche, anche quando la pena base è fissata al minimo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare vizi di legittimità, chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove e dei fatti, operazione che esula dalle competenze del giudice di legittimità e rientra nel merito del processo.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove (come testimonianze o documenti), ma di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.

Per quale motivo non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche non sono state concesse a causa della “pervicacia” del comportamento criminoso dell’imputato, ovvero della sua ostinazione, emersa nella dinamica del rapporto con la persona offesa, che era stata indotta a consegnare due assegni coperti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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