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Ricorso inammissibile per associazione a delinquere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato in appello per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) e per un episodio di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/90). I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e non specificamente confrontati con le argomentazioni della sentenza impugnata. La Corte ha confermato la legittimità dell’uso di intercettazioni provenienti da un altro procedimento e la valutazione di attendibilità di un collaboratore di giustizia, ribadendo la correttezza della decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione sui limiti dell’appello in materia di narcotraffico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11594 del 2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia penale, specialmente in complessi casi di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da un imputato, confermando la condanna e sottolineando la necessità di motivi di impugnazione specifici e non generici.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e parzialmente riformata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole di partecipazione a un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) e di un singolo episodio di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/90). La Corte territoriale aveva dichiarato prescritti altri reati minori ma aveva confermato l’impianto accusatorio principale, riducendo la pena a undici anni di reclusione. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e perché è stato dichiarato inammissibile

La difesa aveva articolato il ricorso su diversi punti, contestando vari aspetti della sentenza di secondo grado. I principali motivi di doglianza includevano:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche: si sosteneva che le intercettazioni, autorizzate in un diverso procedimento per rapina, non potessero essere utilizzate in questo processo per mancanza di connessione tra i reati.
2. Inattendibilità del collaboratore di giustizia: la difesa criticava la valutazione delle dichiarazioni di un collaboratore, ritenendole imprecise e prive di riscontri esterni adeguati.
3. Carenza di prova: si contestava la prova della consapevolezza dell’imputato riguardo all’operatività dell’associazione e alla disponibilità di armi.
4. Errata qualificazione giuridica: si chiedeva di ricondurre i fatti a fattispecie di minore gravità (art. 73 comma 5 e art. 74 comma 6 d.P.R. 309/90).
5. Eccessiva severità della pena: si lamentava un trattamento sanzionatorio troppo aspro e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente.

Nonostante la pluralità dei motivi, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile nella sua interezza a causa della sua manifesta infondatezza e, soprattutto, della sua genericità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, fornendo una chiara lezione sui requisiti procedurali del ricorso.

In primo luogo, riguardo alle intercettazioni, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il divieto di utilizzare risultati di intercettazioni in procedimenti diversi (art. 270 c.p.p.) non opera quando queste sono indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Poiché il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 rientra in questa categoria, il loro utilizzo era pienamente legittimo.

Sul tema dell’attendibilità del collaboratore di giustizia, la Corte ha qualificato la censura come generica, poiché la difesa non si era confrontata specificamente con l’articolata motivazione della Corte d’Appello. È stato ricordato che la valutazione della credibilità di un collaboratore si basa su precisione, coerenza e riscontri esterni, e non sulla sua moralità o sulle motivazioni utilitaristiche che lo spingono a collaborare.

Anche le censure sulla prova della partecipazione all’associazione armata sono state respinte come generiche. La sentenza impugnata aveva infatti ampiamente argomentato sulla base di conversazioni ambientali e di una sentenza irrevocabile a carico del fratello dell’imputato, capo del sodalizio, che confermava la struttura e l’operatività del gruppo.

Infine, la Corte ha confermato la corretta qualificazione giuridica dei fatti, escludendo l’ipotesi del reato di lieve entità sulla base del quantitativo di cocaina (50 grammi) oggetto di uno degli episodi, ritenuto non compatibile con una minima offensività della condotta.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un’impugnazione, per essere efficace, non può limitarsi a una critica generica della sentenza precedente, ma deve articolare censure specifiche e puntuali, confrontandosi criticamente con le ragioni esposte dal giudice del grado inferiore. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta non solo la condanna definitiva dell’imputato, ma anche il suo obbligo di pagare le spese processuali e una somma in favore della Cassa delle Ammende. Questa sentenza serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione rigorosi e ben argomentati, pena la loro radicale preclusione.

Quando possono essere usate in un processo le intercettazioni disposte per un altro procedimento?
Secondo la sentenza, il divieto di utilizzazione non si applica quando i risultati delle intercettazioni sono indispensabili per accertare delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, come nel caso dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90).

Come viene valutata l’attendibilità di un collaboratore di giustizia?
La sua attendibilità non viene esclusa dalle motivazioni utilitaristiche che lo spingono a collaborare. Il giudice deve valutare la precisione, coerenza, costanza e spontaneità delle sue dichiarazioni, oltre alla presenza di riscontri esterni, come fatto nel caso di specie dalla Corte d’Appello.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati o generici, cioè quando non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limitano a riproporre le stesse questioni già decise o a contestare in modo vago la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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