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Ricorso inammissibile per abusi edilizi: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per reati edilizi e paesaggistici. Il ricorso è stato respinto per motivi procedurali, tra cui la violazione del principio di autosufficienza e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La sentenza chiarisce che spetta all’imputato l’onere di fornire prove concrete per dimostrare l’avvenuta prescrizione del reato, qualora la data di commissione sia incerta.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Abusi Edilizi: La Cassazione e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso di reati edilizi e paesaggistici, dichiarando il ricorso inammissibile e ribadendo importanti principi procedurali. La decisione sottolinea i limiti del giudizio di legittimità e chiarisce su chi gravi l’onere di provare la data di commissione di un reato ai fini della prescrizione. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere come un ricorso debba essere correttamente formulato per superare il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un cittadino veniva condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte di Appello per aver realizzato opere edilizie e paesaggistiche senza i necessari permessi. Nello specifico, i reati contestati erano previsti dall’art. 44 lett. c) del DPR 380/01 (Testo Unico dell’Edilizia) e dall’art. 181 del D.Lgs. 42/04 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali. In primo luogo, lamentava un errore nella determinazione della data di realizzazione delle opere, sostenendo che il reato fosse ormai estinto per prescrizione. In secondo luogo, contestava la qualificazione giuridica dell’opera, asserendo che si trattasse di una semplice “pergotenda”, rientrante nell’edilizia libera e quindi non soggetta a permesso.

I Motivi del Ricorso Inammissibile: Prescrizione e Natura dell’Opera

Il ricorrente ha cercato di invalidare la condanna su due fronti:

1. La data del reato e la prescrizione: La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero considerato adeguatamente le testimonianze che collocavano la costruzione in un’epoca antecedente a quella ritenuta in sentenza, un’epoca che avrebbe garantito l’estinzione del reato per prescrizione.
2. La qualificazione dell’opera: Si affermava che la struttura fosse una pergotenda con copertura retraibile, priva della capacità di creare nuovo volume e quindi non necessitante di autorizzazioni edilizie. Secondo la difesa, i giudici avevano errato nel valutarne le caratteristiche, come il presunto fissaggio dei pilastri con malta cementizia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi del ricorso manifestamente infondati e, di conseguenza, il ricorso inammissibile nel suo complesso. Le argomentazioni della Corte sono state chiare e basate su consolidati principi procedurali.

In merito al primo motivo, relativo alla prescrizione, la Corte ha evidenziato la violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Il ricorrente si era limitato a menzionare le dichiarazioni di alcuni testimoni senza trascriverle integralmente né allegarle. Questo impedisce alla Corte di valutare la fondatezza della censura. Inoltre, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale sull’onere della prova: sebbene spetti all’accusa provare la data del reato, qualora l’imputato voglia beneficiare della prescrizione sostenendo una data diversa e anteriore, grava su di lui l’onere di fornire elementi concreti a sostegno della sua tesi. Una semplice affermazione non è sufficiente a generare incertezza e a far scattare il principio del “in dubio pro reo”.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il ricorrente, contestando la natura dell’opera, stava in realtà chiedendo alla Corte una nuova e diversa valutazione degli elementi di prova, attività preclusa in sede di legittimità. La valutazione dei giudici di merito non è stata ritenuta manifestamente illogica o contraddittoria, e il ricorso non ha dimostrato un travisamento della prova, ossia un errore palese nella lettura di un atto processuale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è un’importante conferma di alcuni capisaldi del processo penale e, in particolare, del giudizio di cassazione. La Corte ribadisce che un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico, autosufficiente e concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici evidenti nella motivazione), non su una rilettura dei fatti. La decisione chiarisce inoltre la ripartizione dell’onere della prova in materia di prescrizione: l’imputato che intende avvalersi di tale causa di estinzione del reato deve assumere un ruolo attivo, fornendo prove concrete a supporto delle sue affermazioni, non potendosi limitare a semplici deduzioni. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non rispettava i requisiti procedurali. In particolare, violava il principio di autosufficienza (non includendo le prove a cui faceva riferimento) e chiedeva una nuova valutazione dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

Chi deve provare la data di un reato ai fini della prescrizione?
In linea di principio, è l’accusa a dover provare la data di commissione del reato. Tuttavia, la sentenza chiarisce che se l’imputato sostiene che il reato è stato commesso in una data anteriore per beneficiare della prescrizione, spetta a lui fornire gli elementi di prova concreti per dimostrarlo, non essendo sufficiente una mera affermazione per creare un dubbio che porti all’estinzione del reato.

La Corte di Cassazione può decidere se un’opera è una pergotenda o un abuso edilizio?
No, la Corte di Cassazione non può entrare nel merito di questa valutazione fattuale. Il suo compito non è stabilire la natura dell’opera, ma controllare che la decisione dei giudici di primo e secondo grado sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e non contraddittoria. La qualificazione dell’opera come abuso edilizio è una valutazione di fatto riservata ai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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