Ricorso Inammissibile Penale: Quando Ripetere le Censure Porta alla Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la non ammissibilità dei ricorsi meramente ripetitivi. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di impugnazione specifici e nuovi, pena la dichiarazione di ricorso inammissibile penale e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Mancanza di Autorizzazioni e Appello
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la responsabilità penale di un soggetto per aver esercitato una determinata attività senza le necessarie autorizzazioni di polizia, previste dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS). L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per cassazione, basando le proprie difese su argomenti già ampiamente discussi e respinti nel precedente grado di giudizio. In particolare, la difesa contestava la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, sostenendo una presunta inconsapevolezza della necessità dei titoli autorizzativi.
La Decisione della Cassazione: Analisi sul Ricorso Inammissibile Penale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno constatato che le censure sollevate dal ricorrente non erano altro che una riproposizione di quelle già avanzate in appello. La Corte territoriale le aveva già esaminate e confutate in modo esauriente, evidenziando come l’assenza dei titoli richiesti dalla norma incriminatrice, inclusa l’autorizzazione di polizia ex art. 88 TULPS, fosse palese e non giustificabile.
Le Motivazioni della Corte
La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi principali.
La Ripetitività delle Censure: Il primo motivo che ha portato alla dichiarazione di inammissibilità è la natura riproduttiva del ricorso. La Corte ha chiarito che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere fatti già acclarati. Se i motivi di appello sono stati correttamente esaminati e respinti con motivazioni logiche e conformi al diritto, riproporli identici in Cassazione rende il ricorso privo dei requisiti di legge.
L’Onere di Conoscenza e l’Elemento Psicologico: Il secondo punto cruciale riguarda la critica mossa all’assenza dell’elemento psicologico. La Suprema Corte ha qualificato tale censura come ‘generica’ e ‘meramente assertiva’. Viene infatti ribadito un principio cardine: chi esercita una determinata attività professionale o imprenditoriale ha l’onere di conoscere la normativa che la disciplina. Non è possibile invocare a propria discolpa l’ignoranza della legge, soprattutto quando si tratta di norme basilari per la sicurezza e l’ordine pubblico. La mancanza di diligenza nell’informarsi e nell’ottenere le necessarie autorizzazioni configura la colpevolezza richiesta dalla fattispecie di reato contestata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna. È essenziale che il ricorso per cassazione presenti motivi di critica specifici, che attengano a vizi di legittimità della sentenza impugnata (come violazione di legge o vizi di motivazione) e non si limiti a riproporre le medesime questioni di fatto già decise. La conseguenza di un ricorso inammissibile penale non è solo la conferma della condanna, ma anche l’aggravio di ulteriori spese, inclusa una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era meramente riproduttivo di censure già proposte e respinte nel precedente grado di giudizio, senza introdurre nuovi e specifici motivi di diritto.
Qual era l’argomento del ricorrente sull’elemento psicologico e perché è stato respinto?
Il ricorrente sosteneva la mancanza dell’elemento psicologico del reato. L’argomento è stato respinto perché la Corte lo ha ritenuto una censura generica e meramente assertiva, sottolineando che sull’esercente grava un onere di conoscenza della normativa.
Quale obbligo grava su chi esercita un’attività che richiede autorizzazioni di polizia?
Secondo la Corte, su chi esercita un’attività che richiede autorizzazioni di polizia grava un ‘onere di conoscenza della situazione concreta e normativa’, il che significa che deve informarsi e ottenere tutti i titoli necessari, come l’autorizzazione ex art. 88 TULPS.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12331 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12331 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a FOGGIA il 30/11/1987
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto da COGNOME COGNOME è inammissibile siccome riproduttivo di censure già proposte in appello e ampiamente esaminate e confutate laddove in conformità con gli orientamenti di legittimità richiamati i giudici hanno ) in sostanza / C.42… ‘ evidenziato l’assenza di elementi in grado di giustificare GLYPH dei titoli richiesti dalla norma incriminatrice, non ultima l’autorizzazione di polizia ex art. 88 TULPS in capo all’esercente e l’onere di conoscenza della situazione concreta e normativa che si impone a chi eserciti concretamente l’attività contemplata dalla fattispecie AMAR uktak contestata. Di contro la censura sulla GLYPH dell’elemento psicologico appare generica siccome meramente assertiva.
Quindi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle mmende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 02 2025
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