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Ricorso inammissibile: pena per spaccio e motivazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per spaccio di stupefacenti. L’imputato contestava la misura della pena, ritenuta eccessiva. La Corte ha stabilito che la richiesta era una mera rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e che la motivazione della Corte d’Appello era congrua, basata su elementi oggettivi come la natura e quantità delle sostanze e la capacità a delinquere del reo.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Pena per Spaccio

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un ricorso si limita a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici precedenti, il suo esito è segnato: si tratta di un ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione e i criteri che guidano i giudici nella determinazione della pena.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per il delitto di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. Inizialmente, il Tribunale di Rimini aveva emesso una pronuncia di condanna. Successivamente, la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 18 luglio 2024, aveva parzialmente riformato la decisione, rideterminando la pena inflitta all’imputato.

Il Ricorso alla Suprema Corte

Non soddisfatto della pena stabilita in appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. La sua doglianza principale verteva sulla misura della pena, ritenuta superiore al minimo edittale senza un’adeguata ed effettiva motivazione da parte dei giudici di merito. In sostanza, si contestava che la Corte d’Appello non avesse spiegato in modo convincente perché avesse scelto di applicare una sanzione più severa rispetto al minimo previsto dalla legge.

La Decisione: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: l’imputato, riproponendo la stessa censura già avanzata in appello, non stava sollevando una questione di legittimità (cioè un errore nell’applicazione della legge), ma stava tentando di ottenere una nuova e più favorevole lettura delle emergenze processuali. Questo tipo di richiesta è preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito non è rivalutare le prove, ma assicurare l’uniforme interpretazione della legge.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha sottolineato come la motivazione della sentenza d’appello fosse del tutto “congrua” e non “manifestamente illogica”. I giudici di secondo grado avevano correttamente giustificato la pena inflitta sulla base dei parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale.

Nello specifico, la pena base di 3 anni e 9 mesi di reclusione e 6.000 euro di multa era stata ritenuta adeguata in considerazione di diversi fattori oggettivi:

* Modalità dell’azione: Le circostanze specifiche del reato.
* Diversità e natura delle sostanze: Si trattava sia di eroina che di cocaina, entrambe considerate droghe “pesanti”.
* Quantità: Il dato ponderale e il numero di dosi medie ricavabili (circa 120 di eroina e 26 di cocaina) indicavano un’attività non occasionale.
* Capacità a delinquere: L’imputato presentava numerosi precedenti specifici, come attestato dal certificato del casellario giudiziale, a dimostrazione di una spiccata tendenza a commettere reati.

Questi elementi, complessivamente considerati, hanno fornito una base solida e logica alla decisione dei giudici di merito, rendendo la loro motivazione inattaccabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento riafferma che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere l’entità della pena, a meno che la motivazione del giudice di merito non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Se la sentenza impugnata fornisce una spiegazione coerente e basata su elementi concreti per giustificare una pena superiore al minimo, la Suprema Corte non può intervenire.

Di conseguenza, l’imputato non solo ha visto il suo ricorso respinto, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione temeraria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni sulla corretta applicazione della legge, ma si limitava a richiedere una nuova valutazione dei fatti e della congruità della pena, un compito che spetta ai giudici di merito e non alla Corte di Cassazione.

Quali elementi hanno giustificato una pena superiore al minimo legale?
La pena è stata ritenuta adeguata in base a criteri oggettivi: la modalità dell’azione, la detenzione di due tipi di droghe pesanti (eroina e cocaina), la quantità complessiva (sufficiente per circa 146 dosi) e la significativa capacità a delinquere del ricorrente, dimostrata da numerosi precedenti specifici.

Cosa significa che la motivazione della sentenza d’appello era ‘congrua’?
Significa che il ragionamento della Corte d’Appello era logico, sufficiente e coerente. Ha spiegato in modo esauriente le ragioni per cui la pena inflitta era giusta, basandosi sui parametri legali dell’art. 133 c.p. e sui fatti emersi nel processo, rendendo così la sua decisione non censurabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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