Ricorso inammissibile: quando la pena è già al minimo
L’ordinanza in esame offre uno spunto fondamentale sulla precisione richiesta nella formulazione dei motivi di impugnazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché basato su un presupposto palesemente errato: la richiesta di riduzione della pena al minimo edittale, quando questa era già stata applicata in primo grado. Questo caso sottolinea l’importanza per la difesa di un’analisi attenta e puntuale della sentenza che si intende impugnare.
I Fatti del Processo
Il percorso giudiziario ha origine da una sentenza del Tribunale di Palermo, che condannava un’imputata per il reato di furto pluriaggravato. La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputata, non rassegnata alla condanna, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.
Il Motivo del Ricorso: una Critica Generica
L’unico motivo di ricorso sollevato dalla difesa era un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello. Nello specifico, si lamentava la mancata riduzione della pena al minimo edittale previsto dalla legge per il reato contestato. La ricorrente sosteneva, in sostanza, che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato la possibilità di applicarle la sanzione più bassa possibile.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha prontamente respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella manifesta genericità e infondatezza del motivo proposto. Gli Ermellini hanno evidenziato come la ricorrente non si fosse nemmeno accorta che la pena era già stata determinata nel minimo dal giudice di primo grado.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha spiegato che il giudice di prime cure aveva correttamente bilanciato le circostanze del reato. Infatti, aveva concesso le circostanze attenuanti generiche, ritenendole prevalenti sia sulle aggravanti speciali contestate (come la recidiva) sia su quella del furto aggravato. Questo giudizio di prevalenza aveva già comportato l’applicazione della pena nella sua misura minima, se si esclude un “lievissimo discostamento per quella pecuniaria”.
Il motivo di ricorso, quindi, non solo era generico, ma si basava su una premessa fattuale completamente errata. La critica mossa alla sentenza impugnata era priva di qualsiasi fondamento, poiché chiedeva alla Corte di fare qualcosa che era già stato fatto nei precedenti gradi di giudizio. Tale superficialità nell’impostazione del ricorso ne ha determinato l’inevitabile inammissibilità, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: L’Importanza della Specificità nel Ricorso
Questa pronuncia ribadisce un principio cardine del processo penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e pertinenti. Non è ammissibile contestare una sentenza sulla base di affermazioni generiche o, peggio ancora, di un’errata comprensione della decisione stessa. Prima di impugnare un provvedimento, è dovere del difensore esaminarlo con la massima diligenza per individuare vizi concreti e non mere doglianze astratte. Un ricorso basato su presupposti errati non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche un’ulteriore condanna economica per l’assistito, aggravando la sua posizione processuale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il suo unico motivo era considerato eccessivamente generico e basato su un presupposto errato. La ricorrente lamentava la mancata applicazione della pena minima, senza accorgersi che questa era già stata concessa dal giudice di primo grado.
Cosa aveva deciso il giudice di primo grado riguardo la pena?
Il giudice di primo grado aveva già determinato la pena nel suo minimo, salvo un lievissimo scostamento per la parte pecuniaria. Aveva applicato questo trattamento di favore grazie a un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti speciali e sulla recidiva.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6533 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nateka PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputata NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo di condanna per il reato di furto pluriaggravato;
Rilevato che il motivo unico del ricorso – con cui la ricorrente denunzia viz motivazione in relazione alla mancata riduzione della pena al minimo edittale – è talment generico da non avvedersi che la pena è già stata determinata nel minimo (salvo un lievissimo discostamento per quella pecuniaria) dal Giudice di prime cure, con giudizio di prevalenza del circostanze attenuanti generiche rispetto alle aggravanti speciali e alla recidiva;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condann della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favor della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2024.