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Ricorso inammissibile peculato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per peculato. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, considerati una mera riproposizione di argomenti già respinti in appello. Confermata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, evidenziando che il ricorso inammissibile peculato non può rimettere in discussione il merito della sentenza.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Peculato: La Cassazione Stabilisce i Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta i ricorsi carenti di specificità, in particolare quando si tratta di un ricorso inammissibile peculato. La Suprema Corte ha ribadito principi fondamentali della procedura penale, sottolineando che il ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Processo

Un soggetto, condannato in primo grado e in appello per il delitto di peculato ai sensi dell’art. 314, primo comma, del codice penale, ha presentato ricorso per cassazione. L’obiettivo era contestare la sentenza emessa dalla Corte d’Appello, cercando di ottenere un annullamento della condanna. Tuttavia, il ricorso si basava su motivi che la Suprema Corte ha ritenuto non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha messo fine al percorso processuale dell’imputato, dichiarando il suo ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la genericità dei motivi addotti e la tardività di una specifica eccezione.

La Genericità e le conseguenze del ricorso inammissibile peculato

Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso come ‘generici’. La Corte ha osservato che le censure mosse dall’imputato non erano altro che una ripetizione di argomenti già adeguatamente analizzati e respinti con motivazioni giuridicamente corrette dal giudice d’appello. Il ricorso per cassazione, invece, richiede la formulazione di critiche specifiche e puntuali contro la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata, non un terzo giudizio sul fatto. Questa carenza ha reso il ricorso inammissibile peculato, portando a una condanna definitiva.

L’Esimente della Particolare Tenuità del Fatto

Un altro punto toccato dalla Corte riguarda la richiesta, avanzata dall’imputato, di applicare l’esimente per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. I giudici hanno rilevato che tale questione non era mai stata sollevata nel giudizio di appello. Introdurre una simile doglianza per la prima volta in sede di legittimità è proceduralmente inammissibile, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio, circostanza non applicabile al caso di specie.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è lineare e si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il principio cardine è che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse difese già vagliate e disattese, senza individuare vizi specifici nella decisione d’appello, esso perde la sua funzione e diventa ‘generico’. La genericità equivale a un’assenza di motivi validi, determinando l’inammissibilità dell’impugnazione. Di conseguenza, la Corte non entra nel merito della colpevolezza, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla validità del ricorso stesso. La condanna alle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende non è una sanzione accessoria, ma la diretta conseguenza processuale di aver attivato inutilmente il complesso meccanismo del giudizio di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione: è indispensabile formulare censure specifiche, tecniche e pertinenti. Non è sufficiente dissentire dalla valutazione dei giudici di merito; è necessario dimostrare, con argomenti di diritto, dove e perché la sentenza impugnata è errata. La mancata osservanza di questo onere di specificità conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, che non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche un ulteriore onere economico per il ricorrente. La decisione serve quindi da monito sulla necessità di una strategia difensiva attenta e tecnicamente fondata in ogni fase del procedimento penale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici. Essi erano una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con argomentazioni giuridiche corrette, senza sollevare specifiche critiche alla sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende. La sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione la questione della particolare tenuità del fatto?
No, sulla base di quanto si evince dall’ordinanza, la questione relativa all’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione se non è stata dedotta nel giudizio di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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