Ricorso Inammissibile Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Cassazione
Con l’ordinanza n. 13762 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni: il ricorso inammissibile patteggiamento è una conseguenza quasi certa quando i motivi di appello non rientrano nel perimetro strettamente definito dalla legge. Questa decisione offre un’importante lezione sulle limitazioni previste dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale e sulle severe conseguenze economiche per chi intraprende un’impugnazione infondata.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Taranto. L’imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, aveva ottenuto l’applicazione di una pena di ventidue mesi di reclusione e 800 euro di multa per una serie di reati, tra cui furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, lamentando una generica “violazione di legge e vizio di motivazione” in riferimento agli articoli 125 e 444 del codice di procedura penale.
La Disciplina del Ricorso dopo il Patteggiamento
Il patteggiamento è un rito che presuppone un accordo tra le parti. Per questa ragione, il legislatore ha fortemente limitato la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. La riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017 ha cristallizzato questa volontà nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione.
I motivi ammessi sono esclusivamente:
* Espressione della volontà dell’imputato: Se il consenso al patteggiamento è viziato.
* Difetto di correlazione: Se la sentenza non corrisponde alla richiesta concordata.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto: Se il reato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Se la sanzione applicata è contraria alla legge.
Qualsiasi altro motivo è, per definizione, escluso e conduce a un ricorso inammissibile patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, analizzando il ricorso, ha agito con estrema rapidità, dichiarandolo inammissibile “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. per i casi di manifesta infondatezza.
Le Motivazioni della Declaratoria di Inammissibilità
Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e lineari. I giudici hanno evidenziato che la censura mossa dalla difesa era del tutto generica e non rientrava in alcuna delle quattro categorie consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Il ricorso non contestava né la validità del consenso prestato dall’imputato, né un errore nella qualificazione giuridica dei reati, né l’illegalità della pena concordata. Si limitava a sollevare una doglianza astratta, incompatibile con la natura e la finalità del rito speciale.
La Corte ha quindi applicato la legge alla lettera, affermando che il motivo proposto non era “consentito”. Di conseguenza, l’impugnazione non poteva superare il vaglio preliminare di ammissibilità. Oltre a dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Tale importo, come specificato nell’ordinanza, è giustificato dall'”elevato coefficiente di colpa” del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione palesemente destinata al fallimento.
Le Conclusioni
Le conclusioni che si possono trarre da questa pronuncia sono nette. Impugnare una sentenza di patteggiamento è un’opzione percorribile solo in casi eccezionali e ben definiti. L’intento del legislatore è quello di dare stabilità agli accordi raggiunti tra accusa e difesa, evitando ricorsi dilatori o pretestuosi. La decisione della Cassazione funge da monito: un ricorso basato su motivi generici non solo verrà dichiarato inammissibile, ma comporterà anche significative sanzioni economiche. Gli avvocati devono quindi valutare con estremo rigore la sussistenza di uno dei vizi tassativamente previsti dalla norma prima di intraprendere la via del ricorso, per non esporre i propri assistiti a ulteriori e inutili costi.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici e limitati, elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La conseguenza principale è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice in base alla colpa nel proporre un’impugnazione non consentita. In questo caso, la somma è stata di 4.000,00 euro.
Perché il motivo del ricorso in questo caso non è stato accettato?
Il motivo del ricorso è stato respinto perché non rientrava in nessuna delle categorie tassativamente previste dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento. La censura sollevata non riguardava l’espressione della volontà, la correlazione tra richiesta e sentenza, la qualificazione giuridica o l’illegalità della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13762 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13762 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 del TRIBUNALE di TARANTO
dato av iso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 5 luglio 2023 il Tribunale di Taranto ha applicato a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi ventidue di reclusione ed auro 800,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e 7-bis cod. pen.; 61 n. 2, 385 cod. pen.; 337 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125 e 444 cod. proc. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
La dedotta censura non rientra, infatti, tra quelle indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. peri. (come introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che, avuto riguardo all’elevato coefficiente di colpa connotante la rilevata causa di inammissibilità, appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore