Patteggiamento: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La scelta di definire un procedimento penale con il rito del patteggiamento comporta importanti conseguenze sulla possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, i rigidi paletti imposti dalla legge, dichiarando un ricorso inammissibile patteggiamento perché fondato su motivi non consentiti. L’analisi di questa decisione offre spunti preziosi per comprendere i limiti del ricorso contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza del GIP del Tribunale di Ancona, che aveva applicato a un imputato, su richiesta delle parti, una pena di due anni di reclusione e 3000 euro di multa. Le accuse riguardavano il reato di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) e un’altra violazione di legge in continuazione. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando due specifici vizi: il primo relativo alla mancata osservanza dell’obbligo di motivazione della sentenza; il secondo riguardante l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, a suo dire disposta senza un adeguato approfondimento sulla sua pericolosità sociale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta applicazione delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, in particolare l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Analisi del ricorso inammissibile patteggiamento
Il primo motivo di ricorso, centrato sul presunto difetto di motivazione, è stato immediatamente bloccato dalla Corte. I giudici hanno ricordato che, a seguito della riforma del 2017, la legge elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Questi includono: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’errata qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza. La generica lamentela su un vizio di motivazione non rientra in questo elenco, rendendo il ricorso inammissibile patteggiamento su questo punto.
La questione della misura di sicurezza dell’espulsione
Anche il secondo motivo non ha superato il vaglio di ammissibilità. La difesa sosteneva che la pericolosità sociale dell’imputato, presupposto per l’espulsione, non fosse stata adeguatamente provata. La Cassazione, tuttavia, ha osservato che la sentenza impugnata aveva fornito una motivazione esplicita e logica: l’imputato, essendo un cittadino straniero irregolare sul territorio nazionale, si procurava i mezzi di sostentamento attraverso la commissione di delitti, come quello per cui si procedeva. A fronte di questa motivazione fattuale, il ricorso è stato giudicato generico e basato su richiami giurisprudenziali non pertinenti.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si radicano nel principio di specialità che governa le impugnazioni nel rito del patteggiamento. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. ha introdotto un filtro molto selettivo per scoraggiare ricorsi dilatori e concentrare il giudizio di legittimità solo su vizi di particolare gravità. La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso sono un “numero chiuso” e non possono essere estesi per analogia. Qualsiasi censura che esuli da questo perimetro, come un generico vizio di motivazione, è destinata all’inammissibilità.
Sulla misura di sicurezza, la Corte ha sottolineato che il suo compito non è rivalutare nel merito la pericolosità sociale dell’imputato, ma solo verificare la logicità e la coerenza della motivazione del giudice di grado inferiore. In questo caso, la motivazione basata sullo status di straniero irregolare che vive di espedienti criminali è stata ritenuta sufficiente a giustificare la misura dell’espulsione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: accedere al patteggiamento significa accettare una forte limitazione del diritto di impugnazione. La difesa deve essere consapevole che solo violazioni specifiche e tassativamente previste dalla legge possono giustificare un ricorso in Cassazione. La decisione evidenzia anche come, nel contesto dell’immigrazione irregolare, la commissione di reati venga considerata un indice concreto di pericolosità sociale, sufficiente a motivare l’applicazione di misure di sicurezza come l’espulsione dal territorio nazionale, a condizione che il giudice fornisca una motivazione logica e non apparente.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita i motivi di ricorso a casi specifici, come difetti nella volontà dell’imputato, errata qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena o della misura di sicurezza. Un generico vizio di motivazione non è un motivo valido.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il primo motivo, relativo a una presunta mancata motivazione della sentenza, è stato dichiarato inammissibile perché non rientra tra i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Come ha giustificato la Corte la misura di sicurezza dell’espulsione?
La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse sufficiente. La pericolosità sociale dell’imputato, presupposto per l’espulsione, era stata giustificata dal fatto che egli, essendo un cittadino straniero irregolare, si sostentava commettendo reati, come quello per cui era stato condannato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13742 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME (CODICE_FISCALE nato il 06/06/1982
avverso la sentenza del 16/12/2024 del GIP TRIBUNALE di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza impugnata, il GIP DEL Tribunale di Ancona ha applicato, ex art. 444 cod.proc.pen., a NOME COGNOME per i reati di cui all’art. 73, comma d.P.R. n. 309/1990 e, in continuazione, con quello di cui all’art. 4 I. n. 11 la pena di anni due di reclusione e euro 3000 di multa.
Avverso tale sentenza, NOME ricorre per cassazione, mediante il proprio difensore, facendo valere due motivi: 1) violazione di legge e viz motivazione, in relazione alla mancata osservanza dell’obbligo motivaziona imposto dall’art. 546 cod.proc.pen.; 2) violazione di legge e vizio di motiva in ordine alla misura di sicurezza dell’espulsione prevista dall’art. 86 d 309/1990, essendo del tutto carente l’approfondimento del presupposto del pericolosità sociale dell’interessato.
Il primo motivo è inammissibile. Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c proc. pen. (introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103), il Pubblico Mini e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazio pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, al qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della sicurezza. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cu deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indic citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, Coco, motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01).
Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità, in ragione d fatto che la sentenza impugnata ha esplicitamente motivato l’adozione de misura dell’espulsione sulla base della riscontrata pericolosità s dell’imputato, cittadino straniero irregolare, il quale permane in Italia procu il sostentamento tramite delitti quali quello per cui si procede. A fronte motivazione, versata in fatto, il ricorrente denuncia generici vizi di ill richiama massime giurisprudenziali neanche pienamente conferenti.
Atta dichiarazione di inammissibilità segue la condanna deligricorrerrg pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore delta Cassa delle ammende delta somma di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025.