LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile patteggiamento: limiti appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L’imputato contestava l’adeguatezza della pena, ma i giudici hanno ribadito che tale motivo non rientra tra quelli consentiti dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), definendo la questione un ricorso inammissibile patteggiamento e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione sui Limiti dell’Impugnazione

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del carico giudiziario. Tuttavia, l’accesso a questo rito premiale comporta precise limitazioni sui mezzi di impugnazione. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: la contestazione sulla congruità della pena concordata conduce a un ricorso inammissibile patteggiamento, con conseguenze onerose per chi lo propone. Approfondiamo la decisione per comprendere la logica del legislatore e della giurisprudenza.

Il Caso: Impugnazione di una Pena Concordata

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Padova per un reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990, in materia di sostanze stupefacenti. L’imputato, attraverso due distinti motivi, lamentava un vizio di motivazione da parte del giudice di merito proprio in relazione alla determinazione della pena. In sostanza, il ricorrente contestava non la correttezza giuridica della qualificazione del fatto o l’esistenza di vizi procedurali, ma l’adeguatezza stessa della sanzione che egli stesso aveva concordato con la pubblica accusa.

I Limiti del Ricorso nel Patteggiamento secondo la Legge

La questione centrale ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata. Si tratta di un “catalogo chiuso” di censure ammissibili, che non lascia spazio a doglianze di carattere discrezionale o di merito.

La legge consente di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti:
* All’espressione della volontà dell’imputato.
* Al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* All’erronea qualificazione giuridica del fatto.
* All’illegalità della pena o delle misure di sicurezza applicate.

Come si può notare, la valutazione sulla congruità della pena non è inclusa in questo elenco. La scelta di patteggiare implica, infatti, una rinuncia a contestare nel merito la quantificazione della pena, che è frutto di un accordo tra le parti, vagliato dal giudice solo sotto il profilo della sua legalità e correttezza giuridica.

La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile Patteggiamento

La Suprema Corte, con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che le censure proposte dal ricorrente, incentrate sulla presunta inadeguatezza della pena, sono “estranee al catalogo” previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Le doglianze non erano consentite, poiché contestare la motivazione sulla congruità della pena applicata esula completamente dai limiti del sindacato di legittimità sulle sentenze di patteggiamento.

Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto il ricorso, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.

le motivazioni

La logica dietro questa decisione è ferrea e si fonda sulla natura stessa del patteggiamento. Si tratta di un accordo negoziale tra accusa e difesa, in cui l’imputato accetta una determinata pena in cambio di benefici, come la riduzione fino a un terzo. Una volta che tale accordo viene ratificato dal giudice, che ne verifica la correttezza formale e la legalità, non è più possibile rimetterlo in discussione nel merito. Consentire un’impugnazione sulla congruità della pena significherebbe snaturare l’istituto, trasformandolo in una sorta di primo grado di giudizio mascherato e vanificandone l’effetto deflattivo. La norma dell’art. 448, comma 2-bis, serve proprio a prevenire un uso dilatorio e pretestuoso delle impugnazioni.

le conclusioni

L’ordinanza in commento costituisce un importante monito per la difesa. La scelta di accedere al rito del patteggiamento deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Tentare di contestare la misura della pena concordata dopo la sentenza non solo è un’azione destinata al fallimento, ma comporta anche rilevanti conseguenze economiche. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e la certezza del diritto, confermando che l’accordo tra le parti, una volta validato dal giudice, assume forza quasi contrattuale nell’ambito del processo penale.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento contestando che la pena concordata sia troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che contestare la congruità (adeguatezza) della pena applicata non rientra tra i motivi di ricorso consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in un caso di patteggiamento?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità.

Perché la Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso non fossero consentiti?
Perché le censure proposte erano estranee al catalogo tassativo dei motivi di ricorso previsti dalla legge per le sentenze di patteggiamento. La legge limita strettamente le possibilità di appello per questo tipo di sentenze, escludendo le critiche sulla valutazione del giudice riguardo la congruità della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati