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Ricorso inammissibile patteggiamento: l’analisi

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento per reati di droga. La motivazione del ricorso, basata sulla presunta mancata verifica delle cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., è stata giudicata non specifica e fuori dai limiti previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: i Limiti dell’Impugnazione

L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile presentare ricorso, sottolineando come la mancanza di specificità dei motivi porti a una declaratoria di ricorso inammissibile patteggiamento. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: dal Patteggiamento al Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Napoli. L’imputato aveva concordato una pena per reati legati agli stupefacenti, previsti dagli articoli 73 e 80 del d.P.R. 309/1990, aggravati dalla continuazione ex art. 81 c.p.

Successivamente, la difesa presentava ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, si sosteneva che il giudice di merito avesse omesso di verificare la possibile sussistenza di cause di non punibilità, come richiesto dall’articolo 129 del codice di procedura penale, prima di ratificare l’accordo tra le parti.

La Decisione della Cassazione: Analisi del Ricorso Inammissibile Patteggiamento

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3000 euro alla Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

La Mancanza di Specificità del Motivo

In primo luogo, la Corte ha rilevato che le doglianze erano del tutto prive di specificità. Il ricorrente si era limitato a denunciare una generica omissione di controllo da parte del giudice, senza però indicare alcun elemento fattuale concreto che avrebbe dovuto imporre tale verifica. Per contestare validamente una sentenza di patteggiamento sotto questo profilo, non è sufficiente un’astratta lamentela; è necessario specificare quali fossero gli indizi o le prove che avrebbero potuto condurre a una pronuncia di proscioglimento immediato.

I Limiti dell’Impugnazione ex Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Cassazione ha evidenziato come le censure proposte fossero comunque estranee al catalogo tassativo dei motivi di ricorso consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita strettamente le ragioni per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata, escludendo questioni come quella sollevata dal ricorrente, che attengono alla valutazione della motivazione in merito alla punibilità.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della decisione sono chiare e rigorose. La Suprema Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso non solo mancasse di specificità, ma fosse anche radicalmente inammissibile perché non rientrava nelle ipotesi previste dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento implica una parziale rinuncia al diritto di contestare la decisione nel merito. Il legislatore ha circoscritto le possibilità di ricorso a vizi specifici (come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena), escludendo censure generiche sulla motivazione. La Corte, pertanto, ha concluso che sussistevano profili di colpa nel ricorrente per aver proposto un’impugnazione al di fuori dei casi consentiti, giustificando così la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di impugnazioni: chi intende contestare una sentenza di patteggiamento deve attenersi scrupolosamente ai motivi tassativamente indicati dalla legge. Un ricorso inammissibile patteggiamento è la conseguenza inevitabile di doglianze generiche, non specifiche o che esulano dal perimetro delineato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questa decisione serve da monito per la difesa, sottolineando l’importanza di una valutazione attenta e rigorosa dei presupposti di ammissibilità prima di intraprendere la via del ricorso per Cassazione, per evitare non solo una pronuncia sfavorevole ma anche la condanna a sanzioni economiche.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per la mancata verifica delle cause di non punibilità?
In linea di principio sì, ma il ricorso deve essere specifico. Secondo questa ordinanza, non è sufficiente lamentare genericamente la mancata verifica, ma bisogna indicare gli elementi fattuali specifici che avrebbero imposto al giudice tale controllo e rientrare nei motivi tassativi di legge.

Quali sono i limiti per l’appello contro una sentenza di patteggiamento?
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce un catalogo preciso e limitato di motivi per cui si può ricorrere. Le censure proposte nel caso di specie, relative alla motivazione sulla punibilità, sono state ritenute estranee a tale elenco e quindi non consentite.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che nel caso specifico è stata di 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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