Ricorso Inammissibile Patteggiamento: Limiti e Conseguenze
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale, ma le vie per impugnare la sentenza che ne deriva sono molto strette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulle conseguenze di un ricorso inammissibile patteggiamento, ribadendo i rigidi paletti normativi e le sanzioni economiche per chi tenta di aggirarli. Comprendere questa decisione è cruciale per capire i limiti di tale strumento processuale.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GUP del Tribunale di Brescia nei confronti di un imputato per un reato previsto dall’articolo 73 del d.P.R. 309/1990, relativo agli stupefacenti. L’imputato, non soddisfatto dell’esito, ha deciso di proporre ricorso per Cassazione contro tale sentenza, cercando di ottenere una revisione della decisione del giudice di merito.
L’Ordinanza della Corte e il Ricorso Inammissibile Patteggiamento
La Corte di Cassazione, esaminato il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile senza entrare nel merito della questione. La decisione si fonda sull’applicazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del Codice di Procedura Penale. Questa norma, introdotta per i patteggiamenti richiesti dopo il 3 agosto 2017, limita drasticamente le possibilità di impugnazione in Cassazione, al fine di deflazionare il carico giudiziario e dare stabilità alle sentenze concordate tra le parti.
Le Motivazioni della Decisione
I giudici di legittimità hanno chiarito che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è consentito esclusivamente per motivi tassativamente elencati dalla legge. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che i motivi presentati dal ricorrente non rientravano in nessuna di queste categorie. L’appello era, pertanto, privo dei presupposti legali per poter essere esaminato, rendendolo un ricorso inammissibile patteggiamento.
Le Conclusioni: Condanna alle Spese e alla Sanzione
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente. Richiamando un precedente della Corte Costituzionale, i giudici hanno stabilito che, in assenza di prove che l’impugnazione sia stata proposta senza colpa, scatta l’applicazione dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma, fissata in via equitativa a 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso temerario o infondato contro un patteggiamento comporta conseguenze economiche significative.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No. Per i patteggiamenti richiesti dopo il 3 agosto 2017, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., come problemi sulla volontà dell’imputato, errore sulla qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro un patteggiamento?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000,00 euro.
Perché il ricorso in questo caso specifico è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non è stato proposto per uno dei motivi tassativamente previsti dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. I motivi addotti non rientravano nelle categorie ammesse dalla normativa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11147 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/02/1980
avverso la sentenza del 27/06/2024 del GIP TRIBUNALE di BRESCIA
—(dato avviso alle parti;)
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con un unico motivo di ricorso, è stata impugnata, per violazione dell’art. 129 cod. proc. pen., la sentenza del 27 giugno 2024, con la quale il GUP del Tribunale di Brescia ha applicato ad NOME COGNOME la pena da lui richiesta per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. del 1990;
che il motivo è inammissibile, in quanto proposto avverso sentenza applicativa della pena (art. 444 cod. proc. pen.), richiesta dopo il 3 agosto 2017;
che, in tema di patteggiamento, una volta che l’accordo tra l’imputato ed il pubblico ministero è stato ratificato dal giudice con la sentenza, il ricorso per cassazione è proponibi solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazion la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della della misura di sicurezza, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.; situazioni no riscontrabili né compiutamente prospettate nel caso di specie.
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propost il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», all declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese prpcessuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.