Ricorso inammissibile patteggiamento: quando la Cassazione chiude la porta
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una via processuale accelerata, ma cosa succede se l’imputato, dopo l’accordo, ritiene di aver diritto a un’assoluzione piena? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti strettissimi per l’impugnazione, confermando che un ricorso inammissibile patteggiamento è una conseguenza quasi certa quando non emergono vizi palesi dalla sentenza. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i rischi e le condizioni di un’eventuale impugnazione.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Padova. L’imputato aveva concordato una pena per reati commessi in concorso, specificamente truffa (art. 640 c.p.) e autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.).
Nonostante l’accordo raggiunto con la Procura, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di merito avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale. Tale articolo impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, anche in presenza di un accordo tra le parti. La difesa lamentava, quindi, una violazione di legge e vizi di motivazione per il mancato proscioglimento.
La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile patteggiamento
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo totalmente inammissibile. La decisione è stata presa de plano, ovvero senza le formalità di un’udienza pubblica, una procedura consentita quando l’inammissibilità appare manifesta.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende. La Corte ha motivato questa sanzione pecuniaria evidenziando che il ricorso è stato proposto con colpa, data la chiarezza delle norme che ne limitano l’accesso.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione restrittiva della possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il controllo di legittimità su una sentenza di patteggiamento, per quanto riguarda la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., è possibile solo a una condizione estremamente rigorosa. È necessario che la sussistenza di una causa di non punibilità (come l’evidenza che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, ecc.) sia palesemente evidente dal testo stesso della sentenza impugnata.
Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che tale evidenza non emergeva in alcun modo dalla sentenza del GIP, né era stata adeguatamente dedotta nel ricorso. Il motivo di impugnazione, pertanto, non rientrava tra quelli consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i vizi denunciabili in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
La Corte ha quindi applicato l’art. 616 c.p.p., che prevede la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria in caso di declaratoria di inammissibilità. La quantificazione della sanzione in tremila euro è stata giustificata dalla “rilevante entità della colpa” del ricorrente nell’aver intrapreso un’azione legale senza i presupposti di legge.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la scelta del patteggiamento è una decisione processuale con conseguenze quasi definitive. L’impugnazione in Cassazione è un rimedio eccezionale, non una terza istanza di merito. Chi intende percorrere questa strada deve essere consapevole che il ricorso sarà esaminato solo se si denunciano vizi specifici e, nel caso del mancato proscioglimento, solo se l’innocenza o la non punibilità emergono ictu oculi (a prima vista) dalla sentenza stessa. In caso contrario, il risultato più probabile è una declaratoria di ricorso inammissibile patteggiamento, con l’aggiunta di ulteriori oneri economici per il ricorrente.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per i motivi specificamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Se si contesta la mancata assoluzione immediata (ex art. 129 c.p.p.), la causa di non punibilità deve essere palesemente evidente dal testo stesso della sentenza impugnata.
Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle Ammende. La Corte ritiene, infatti, che il ricorso sia stato proposto per colpa.
Perché la Corte di Cassazione ha deciso “de plano”, cioè senza udienza?
La legge (art. 610, comma 5-bis, c.p.p.) permette alla Corte di dichiarare l’inammissibilità del ricorso con una procedura semplificata e senza udienza pubblica quando i motivi di inammissibilità sono manifesti, come nel caso esaminato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2498 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2498 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PADOVA il 03/08/1990
avverso la sentenza del 17/06/2024 del GIP TRIBUNALE di PADOVA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ricorso trattato de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME Samuel ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova che, a norma degli artt. 444 e segu cod. proc. pen., ha applicato nei suoi confronti, in ordine ai reati di cui agli ar 640 cod. pen. e 110 e 648 ter 1 cod. pen., in continuazione tra loro, la pena concor tra le parti, deducendo violazione di legge e vizi di motivazione quanto al manc proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
All’odierna udienza, celebrata senza formalità, il collegio ha deciso come dispositivo in atti.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la sentenza del giudice merito che applichi la pena su richiesta delle parti escludendo che ricorra una delle ip proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di control legittimità, sotto il profilo del vizio dì motivazione, soltanto se dal testo della impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 c proc. pen. (Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, Rv. 277102 – 01), circostanza che n emerge né risulta dedotta nel caso di specie.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile perché proposto per un motivo che non rient tra quelli consentiti ex art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. e, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis, cod. proc. pen., l’inammissibilità può essere dichiarata senza formalità, co ordinanza.
La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonc – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto de rilevante entità di detta colpa – della somma di Euro tremila in favore della Cassa d Ammende a titolo di sanzione pecuniaria;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2024
L’estensore
Il Presidente