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Ricorso inammissibile patteggiamento: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile l’appello contro una sentenza di patteggiamento per reati legati a stupefacenti. La decisione si basa sui limiti imposti dalla legge agli appelli post-patteggiamento e sulla genericità dei motivi presentati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro, confermando che un ricorso inammissibile patteggiamento comporta serie conseguenze economiche.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: la Cassazione e le Conseguenze

L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una via per definire rapidamente un procedimento penale. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta significative limitazioni sulle possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta le conseguenze di un ricorso inammissibile patteggiamento, sottolineando i rischi economici per chi tenta di aggirare le norme.

Il Caso: Appello contro una Sentenza di Patteggiamento

Il caso analizzato riguarda un individuo che, dopo aver concordato una pena tramite patteggiamento per reati legati a cessioni di sostanze stupefacenti, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. L’obiettivo era contestare la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), sollevando dubbi sia sulla qualificazione giuridica del fatto sia sulla valutazione delle prove relative al profitto del reato.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su due motivi principali:
1. Una presunta erronea qualificazione giuridica del fatto.
2. Una contestazione generica sulla correlazione tra il denaro in suo possesso e i proventi dell’attività illecita.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. Il primo motivo è stato respinto in base all’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p., che limita strettamente le ragioni per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento. In particolare, non è consentito rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, che si considera accettato con la scelta del rito speciale. Il secondo motivo è stato giudicato “del tutto generico”, in quanto non si confrontava in modo specifico con le prove documentali e le motivazioni della sentenza precedente, che avevano chiaramente collegato il denaro sequestrato al profitto delle attività di spaccio.

Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile Patteggiamento

La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è l’applicazione dell’articolo 616 c.p.p. Questa norma stabilisce che la parte che ha proposto il ricorso, se dichiarato inammissibile, deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la legge prevede il versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la Corte, valutando la natura delle questioni sollevate, ha determinato una sanzione di 3.000 euro.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su due pilastri procedurali. In primo luogo, la scelta del patteggiamento implica una rinuncia a contestare i fatti così come ricostruiti dall’accusa. Pertanto, un ricorso che mira a una rivalutazione del merito è, per sua natura, inammissibile. La legge permette di impugnare la sentenza di patteggiamento solo per questioni di stretta legalità, come un errore nel calcolo della pena o una qualificazione giuridica palesemente errata, ma non per rimettere in discussione la colpevolezza. In secondo luogo, ogni motivo di ricorso deve essere specifico e non generico. Non è sufficiente esprimere un dissenso generico; è necessario indicare con precisione le parti del provvedimento che si contestano e le ragioni giuridiche a supporto, confrontandosi direttamente con la motivazione della sentenza impugnata. La mancanza di questa specificità rende il ricorso inesaminabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che limita fortemente il diritto di impugnazione. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge o formulato in modo vago e generico non solo è inutile ai fini processuali, ma espone anche a concrete e onerose conseguenze economiche. Questa decisione serve da monito, evidenziando come l’accesso alla giustizia debba avvenire nel rispetto delle regole procedurali, per evitare di incorrere in sanzioni che penalizzano l’abuso dello strumento processuale.

È possibile impugnare una sentenza emessa dopo un patteggiamento?
Sì, ma solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge, come specificato dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Non è possibile, ad esempio, contestare la ricostruzione dei fatti accettata con il patteggiamento.

Cosa accade se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. Nell’ordinanza in esame, tale somma è stata quantificata in 3.000 euro.

Perché un motivo di ricorso può essere considerato ‘generico’?
Un motivo è considerato generico quando non si confronta in modo specifico e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. In questo caso, il ricorso non argomentava puntualmente contro la correlazione tra il denaro e il profitto dello spaccio, limitandosi a una contestazione vaga e quindi inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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