Ricorso inammissibile patteggiamento: I Limiti all’Impugnazione secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i rigidi confini entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile patteggiamento comporti non solo il rigetto dell’istanza, ma anche conseguenze economiche significative per chi lo propone. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere la logica deflattiva del rito speciale e i limiti imposti dal legislatore all’accesso al giudizio di legittimità.
I Fatti alla Base della Controversia
Il caso trae origine da una sentenza emessa dal Tribunale di Roma, con la quale veniva applicata, su accordo delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’), una pena per il reato di tentato furto aggravato e continuato. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputata decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
I Motivi del Ricorso e le Limitazioni Legislative
L’unico motivo di ricorso presentato dalla difesa si concentrava su un presunto vizio di motivazione. In particolare, si lamentava che il giudice di merito non avesse adeguatamente spiegato le ragioni per cui non sussistessero le condizioni per una pronuncia di proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che tale censura non rientrasse tra le limitazioni all’ammissibilità del ricorso per cassazione contro le sentenze di patteggiamento, stabilite dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La Decisione della Suprema Corte sul Ricorso inammissibile patteggiamento
La Corte di Cassazione ha risolto la questione in modo netto e conciso, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. I giudici hanno ritenuto di poter adottare tale decisione senza le formalità di procedura, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Le motivazioni, sebbene sintetiche, sono estremamente chiare nel loro impianto logico-giuridico. La Corte, nel dichiarare il ricorso inammissibile patteggiamento, ha implicitamente confermato che il motivo addotto dalla difesa non superava il vaglio di ammissibilità imposto dalla normativa. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. elenca tassativamente i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata. La presunta omessa motivazione sulla sussistenza dei presupposti per l’assoluzione ex art. 129 c.p.p., secondo l’orientamento consolidato, non rientra in questo elenco. Il patteggiamento, infatti, si fonda su un accordo che presuppone una rinuncia a contestare l’accertamento di responsabilità, salvo vizi eccezionali e specifici. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge lo rende, per definizione, inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza funge da importante monito per gli operatori del diritto. Conferma che l’accesso al giudizio di legittimità avverso le sentenze di patteggiamento è un’ipotesi eccezionale e rigorosamente circoscritta. Proporre un’impugnazione al di fuori dei casi previsti non solo è infruttuoso, ma espone il ricorrente a sanzioni pecuniarie rilevanti. La decisione rafforza la natura del patteggiamento come strumento di definizione rapida del processo, la cui stabilità può essere messa in discussione solo per vizi di gravità eccezionale, chiaramente delineati dal legislatore.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, la sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per i motivi specificamente ed espressamente indicati dalla legge, come previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di quattromila euro.
La mancata motivazione sull’assoluzione secondo l’art. 129 c.p.p. è un valido motivo per ricorrere contro un patteggiamento?
Il provvedimento, dichiarando il ricorso inammissibile, conferma implicitamente che tale censura non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento, esulando dai limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34614 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34614 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/05/2025 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
4.
Motivi della decisione
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma indicata in epigrafe con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata nei suoi confronti la pena concordata dalle parti per il reato di cui agli artt. 56, 624 bis, 99 comma 4, cod. pen. (in Roma il 13 maggio 2025).
La difesa si duole, con l’unico motivo, che la sentenza impugnata non abbia motivato riguardo all’insussistenza delle condizioni che avrebbero consentito di pronunciare sentenza ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e tale censura esula dai limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione previsti dall’ art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Ritenuto che l’inammissibilità del ricorso possa essere dichiarata senza formalità di procedura a norma dell’art.610, comma 5-bis, cod.proc.pen., e ad essa consegua la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità, la ricorrente debba essere condannata anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata nella misura di euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 ottobre 2025
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