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Ricorso inammissibile patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile patteggiamento presentato da due imputati contro una sentenza per furto aggravato. La Corte chiarisce che i motivi di appello sono tassativamente limitati dalla legge e non includono la contestazione sulla congruità della pena concordata. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13855 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale penale: i motivi per impugnare una sentenza di patteggiamento sono strettamente limitati dalla legge. Questa pronuncia offre un’importante lezione sulle conseguenze di un ricorso inammissibile patteggiamento, chiarendo quando e come è possibile contestare un accordo sulla pena.

I Fatti del Caso: Patteggiamento per Furto Aggravato

La vicenda riguarda due imputati che avevano scelto la via del patteggiamento (tecnicamente, applicazione della pena su richiesta delle parti) davanti al Tribunale di una città del nord Italia. Erano accusati di furto aggravato e tentato furto aggravato, commessi in due diverse località del Veneto nel settembre 2019. Il Tribunale, in data 5 dicembre 2022, aveva accolto l’accordo tra le parti, applicando la pena concordata.

Tuttavia, gli imputati hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione contro tale sentenza.

Le Ragioni del Ricorso e perché è un ricorso inammissibile patteggiamento

I ricorrenti hanno basato la loro impugnazione su due argomentazioni principali. In primo luogo, lamentavano una presunta omessa motivazione da parte del giudice di primo grado riguardo alla mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato in presenza di determinate cause di non punibilità. In secondo luogo, contestavano la congruità della pena pattuita, sostenendo che la motivazione sul punto fosse carente.

Questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con i rigidi limiti imposti dalla normativa vigente, in particolare dalla riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, portando la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile patteggiamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda sull’applicazione diretta dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. I motivi addotti dai ricorrenti non rientravano in questo elenco.

Di conseguenza, la Corte ha condannato entrambi gli imputati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro ciascuno alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è netta e si basa su un’interpretazione letterale e rigorosa della legge. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p., introdotto dalla cosiddetta “Riforma Orlando”, ha lo scopo di deflazionare il carico della Cassazione, limitando le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento a questioni di stretta legittimità e non a riesami del merito dell’accordo.

I motivi ammessi riguardano, ad esempio, l’espressione della volontà dell’imputato, la qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena. Le censure mosse dai ricorrenti, relative alla congruità della pena e all’applicazione dell’art. 129 c.p.p., sono considerate questioni di merito che si presumono risolte e accettate con l’accordo stesso. Scegliendo il patteggiamento, l’imputato rinuncia a contestare questi aspetti in cambio di uno sconto di pena. Permettere un’impugnazione su tali basi vanificherebbe la ratio stessa dell’istituto. La Corte, pertanto, ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Chi sceglie la strada del patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione successiva sono estremamente ridotte. La decisione di accordarsi sulla pena implica un’accettazione del quadro accusatorio e della quantificazione della sanzione, precludendo future contestazioni sul merito. La sentenza serve da monito: un ricorso contro un patteggiamento deve essere fondato esclusivamente sui motivi tassativamente previsti dalla legge, altrimenti il suo esito sarà una inevitabile dichiarazione di inammissibilità con conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, la sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

La contestazione sulla congruità della pena è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No, secondo questa ordinanza, la lamentela circa la congruità della pena non rientra tra i motivi deducibili per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento, in quanto è una questione di merito che si considera accettata con l’accordo stesso.

Cosa accade quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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