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Ricorso inammissibile: oneri e conseguenze legali

Un soggetto condannato per la violazione della sorveglianza speciale ha presentato appello in Cassazione, lamentando vizi procedurali e chiedendo una riduzione di pena. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. È stato accertato che le comunicazioni processuali erano state correttamente inviate e che la pena inflitta era già al minimo legale, avendo i giudici di merito già considerato le attenuanti prevalenti sulla recidiva. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello è Destinato al Fallimento

La presentazione di un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata in cui si possono far valere solo specifici vizi di legittimità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi presentati si rivelano manifestamente infondati. Il caso analizzato riguarda la violazione di una misura di prevenzione e offre spunti fondamentali sulla correttezza delle procedure telematiche e sui limiti della rinegoziazione della pena in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Un individuo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di sei mesi di reclusione. L’accusa era di aver violato le prescrizioni imposte, omettendo di presentarsi per la firma obbligatoria presso il Commissariato di Polizia in una data specifica. La condanna era aggravata dalla contestazione di una recidiva reiterata e specifica.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a un unico, ma articolato, motivo di doglianza.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:

1. Vizio Procedurale: Sosteneva la violazione del diritto di difesa a causa del mancato invio, da parte del Procuratore Generale, delle sue conclusioni scritte per l’udienza cartolare svoltasi in appello. Tale adempimento è previsto dalla normativa emergenziale per garantire il contraddittorio anche nei procedimenti senza discussione orale.
2. Vizio Sostanziale: Lamentava un’errata applicazione della legge penale riguardo alla determinazione della pena. A suo dire, i giudici avrebbero dovuto considerare una serie di fattori (lo stato di senza fissa dimora, la non volontarietà della violazione e la successiva revoca della misura di prevenzione) per applicare una pena inferiore, rendendo le attenuanti generiche, già concesse, ancora più prevalenti sulla recidiva.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’addebito al ricorrente delle spese processuali e il pagamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso con argomentazioni precise.

In primo luogo, riguardo al presunto vizio procedurale, i giudici di legittimità hanno esercitato il loro potere di accedere agli atti processuali. Dall’esame è emerso in modo inconfutabile che le conclusioni del Procuratore Generale erano state regolarmente e tempestivamente inviate all’indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) del difensore. Pertanto, nessuna violazione del diritto di difesa si era verificata, rendendo la doglianza priva di qualsiasi fondamento.

In secondo luogo, anche il motivo relativo al trattamento sanzionatorio è stato ritenuto insussistente. La Corte ha evidenziato come dalla lettura delle sentenze di merito risultasse chiaramente che i giudici avevano già concesso le attenuanti generiche e le avevano ritenute prevalenti sulla contestata recidiva. Questo significa che la pena di sei mesi era già stata calcolata partendo dal minimo edittale e bilanciando gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato nel modo più favorevole possibile. Di conseguenza, non vi era alcun margine per un’ulteriore riduzione della pena in sede di Cassazione, e la richiesta del ricorrente si palesava come un tentativo infondato di ridiscutere una valutazione di merito già correttamente effettuata.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali. Il primo è che la regolarità delle comunicazioni telematiche, come l’invio via PEC, è pienamente idonea a garantire il contraddittorio e il diritto di difesa nei procedimenti cartolari. Il secondo, e più importante, è che la Corte di Cassazione non è una terza istanza di merito. Non è possibile ottenere in questa sede una nuova valutazione sulla congruità della pena se i giudici dei gradi precedenti hanno applicato correttamente la legge, motivando in modo logico le loro scelte, come nel caso del bilanciamento tra attenuanti e recidiva. Un ricorso che ignora questi principi è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente aggravio di spese per il ricorrente.

Cosa significa quando un ricorso è dichiarato manifestamente infondato?
Significa che le ragioni presentate dal ricorrente sono così palesemente prive di pregio giuridico che il ricorso viene dichiarato inammissibile senza un esame approfondito del merito, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

L’invio delle conclusioni del Pubblico Ministero via PEC al difensore è valido per un’udienza cartolare?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’invio tempestivo degli atti alla Posta Elettronica Certificata (PEC) del difensore è una procedura valida che garantisce pienamente il diritto di difesa e il contraddittorio nell’ambito delle udienze svolte in modalità cartolare.

È possibile chiedere in Cassazione una pena più bassa se le attenuanti generiche sono già state ritenute prevalenti sulla recidiva?
No, se i giudici di merito hanno già concesso le attenuanti generiche, le hanno fatte prevalere sulla recidiva e hanno applicato una pena contenuta nel minimo, una richiesta di ulteriore riduzione basata sugli stessi elementi viene considerata infondata, poiché la valutazione è già stata compiuta nel modo più favorevole consentito dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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