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Ricorso inammissibile: oneri di allegazione e genericità

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per detenzione di stupefacenti. La decisione si fonda sulla genericità delle censure e sulla mancata allegazione di prove a supporto, come le trascrizioni testimoniali, confermando l’importanza di un’impugnazione specifica e documentata.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i requisiti di specificità

Con la sentenza n. 5838 del 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di detenzione di sostanze stupefacenti, cogliendo l’occasione per ribadire i principi fondamentali che regolano l’ammissibilità delle impugnazioni. La pronuncia sottolinea come un ricorso inammissibile sia la conseguenza diretta di motivi generici e non supportati da adeguata documentazione, un monito fondamentale per la pratica forense. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una condanna emessa in primo grado e confermata dalla Corte di appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del delitto di detenzione di stupefacenti (previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990), a seguito del rinvenimento di circa 12 grammi di cocaina nella sua abitazione. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e una multa di poco più di 1.000 euro.

L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: il vizio di motivazione della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso Ritenuto Inammissibile

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali, entrambi mirati a scardinare la logicità della sentenza impugnata:

1. Contraddittorietà della Motivazione: Si sosteneva che la Corte d’appello fosse caduta in contraddizione. Da un lato, aveva creduto alla testimonianza della convivente dell’imputato quando affermava che egli avesse cessato l’uso di droghe nel 2018. Dall’altro, non le aveva creduto quando la stessa dichiarava che la sostanza stupefacente fosse stata portata in casa da un coimputato (poi assolto).
2. Mancata Indagine Tossicologica: La difesa lamentava che i giudici di merito non si fossero pronunciati sulla richiesta di una perizia tossicologica. Secondo il ricorrente, tale accertamento avrebbe potuto dimostrare un principio attivo nullo o minimo nella sostanza, avvalorando l’ipotesi di un uso personale e occasionale, tenuto nascosto alla compagna.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il ragionamento dei giudici si è articolato su punti precisi e rigorosi.

In primo luogo, la Corte ha escluso qualsiasi contraddizione nella motivazione della sentenza d’appello. La testimonianza della convivente, che confermava la cessazione dell’uso di stupefacenti da parte dell’imputato, non faceva altro che indebolire la tesi difensiva dell’uso personale, rendendo più plausibile la detenzione per altri fini. La responsabilità del coimputato era stata correttamente esclusa, essendo stato accertato che fosse solo un ospite occasionale.

In secondo luogo, e con particolare rilievo per la procedura, la Cassazione ha dichiarato inammissibile la censura sulla valutazione della testimonianza. Il ricorrente si era limitato a richiamare genericamente una trascrizione senza, tuttavia, allegarla al ricorso. Questa omissione viola i precisi oneri di allegazione, che impongono alla parte di mettere la Corte nelle condizioni di valutare la fondatezza della doglianza, fornendo tutti gli elementi necessari.

Infine, anche il motivo relativo alla mancata indagine tossicologica è stato giudicato inammissibile per genericità. La difesa non aveva sostenuto che un accertamento tecnico avrebbe dimostrato l’assenza di principio attivo, ma si era limitata a un’affermazione puramente congetturale e astratta, ipotizzando che avrebbe potuto evidenziare un valore pari a “zero e/o uno”. Una simile argomentazione, priva di concreti elementi a supporto, non può trovare accoglimento in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione riafferma un principio cardine del processo penale: un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico, puntuale e autosufficiente. Non sono ammesse censure generiche, ipotetiche o non supportate dalla documentazione pertinente. La violazione di tali oneri procedurali conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie. Questa sentenza serve da promemoria sull’importanza di redigere atti di impugnazione rigorosi e ben fondati, sia in fatto che in diritto.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono manifestamente infondati, generici, congetturali o quando non vengono rispettati gli oneri procedurali, come l’onere di allegare i documenti necessari a supportare le proprie censure.

È sufficiente contestare genericamente la valutazione di una testimonianza in Cassazione?
No, non è sufficiente. Secondo la sentenza, per contestare la valutazione di una testimonianza è necessario rispettare precisi oneri di allegazione, come fornire la trascrizione specifica della dichiarazione, per consentire alla Corte di verificare la fondatezza della censura. Un mero richiamo generico rende il motivo inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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