Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5838 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Albania il 1°/7/1982
avverso la sentenza del 9/4/2024 della Corte di appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9/4/2024, la Corte di appello di Ancona confermava la pronuncia emessa 1’8/6/2022 dal Tribunale di Ascoli Piceno, con la quale Klodian Hymeti era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e condannato alla pena di sei mesi di reclusione e 1.032 euro di multa.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo – con unico motivo – il vizio di motivazione. La sentenza risulterebbe contraddittoria in quanto, per un verso, avrebbe dato credito alla convivente dell’Hymeti, NOME COGNOME nella
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parte in cui questa aveva riferito che il ricorrente nel 2018 non faceva più uso di stupefacenti, e, per altro verso, non avrebbe creduto alla stessa quando aveva dichiarato che la cocaina qui in esame sarebbe stata portata dal coimputato NOME COGNOME assolto in primo grado. La Corte di appello, inoltre, non si sarebbe pronunciata sul motivo di gravame relativo alla mancata indagine tossicologica sulla sostanza, che avrebbe anche potuto riscontrare un valore pari a zero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, in punto di responsabilità, la Corte rileva che la sentenza impugnata non merita censura, in quanto sostenuta da una motivazione del tutto adeguata e priva di ogni contraddizione, come invece denunciato.
4.1. In particolare, il Giudice di appello ha in primo luogo sottolineato che il 17/5/2018, all’esito di una perquisizione nell’abitazione dell’imputato, all’interno dei mobili della cucina erano stati rinvenuti due involucri di cocaina, dal peso netto complessivo di circa 12 grammi. La Corte ha poi escluso la responsabilità del coimputato COGNOME in quanto l’istruttoria aveva provato che questi era soltanto un ospite occasionale nell’appartamento. Non poteva essere accolta, peraltro, la tesi dell’uso personale in capo al ricorrente, in quanto la compagna di lui (la teste COGNOME) aveva sì riferito che l’uomo, in passato, aveva fatto uso di sostanze, ma aveva anche aggiunto che nel 2018 questa condizione era cessata.
4.2. A tale proposito, peraltro, il Collegio non è stato posto nella condizione di riscontrare le dichiarazioni della stessa testimone, secondo cui la cocaina sarebbe stata portata nell’appartamento dal Krepi: questa censura, infatti, è proposta in termini generici, con mero richiamo alla pagina del verbale di fonoregistrazione che, tuttavia, non è allegata al ricorso, cosicché la questione è proposta in termini inammissibili ed in violazione di precisi oneri di allegazione.
Alle stesse conclusioni, infine, la Corte giunge con riguardo alla mancata indagine tossicologica sulla sostanza. Se la censura è corretta laddove contesta l’assenza di motivazione sul punto, la stessa appare comunque evidentemente inammissibile per genericità: il ricorso, infatti, non sostiene che un accertamento tecnico avrebbe consentito di riscontrare l’assenza di principio attivo, ma si limita ad affermare – in termini soltanto congetturali ed indimostrati, dunque del tutto astratti – che, se sottoposta a perizia, la cocaina avrebbe potuto evidenziare un principio attivo anche pari a “zero e/o uno”, così da rendere possibile anche un uso esclusivamente personale, “di nascosto dalla moglie”.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025
Il Co kiere estensore
Il Presidente