Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10774 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10774 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (C.U.I. CODICE_FISCALE) nato il 10/10/1972
avverso la sentenza del 26/09/2024 del GIUDICE COGNOME di PIACENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità..,
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di pace di Piacenza, in data 26 settembre 2024, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 14, comma 5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) – in quanto inottemperante al nuovo ordine di allontanamento dal territorio dello Stato emesso dal Questore di Piacenza il 10 settembre 2022, dopo che, in precedenza, non aveva ottemperato ad un analogo ordine di allontanamento; condotta accertata il 23 novembre 2022 – e lo ha condannato alla pena di 15.000 C di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di ufficio, deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo eccepisce il vizio di motivazione con riferimento alla configurabilità del reato di cui all’art. 14, comma 5 -ter, d.lgs n. 286 del 1998.
Deduce, in particolare, che al momento dell’accertamento del reato era già in possesso del permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Roma il 31 marzo 2020 per motivi familiari e di lavoro; aggiunge, inoltre, che dal certificato di stato di famiglia, prodotto agli atti del giudizio di primo grado, risulta che eg risiede con la sorella nel Comune di Roma e che questa è cittadina italiana a seguito di matrimonio. Eccepisce, pertanto, che ai sensi dell’articolo 19, comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998 non poteva essere espulso.
Da qui la conseguente illegittimità e nullità del decreto di espulsione non ottemperato, presupposto del reato contestato. In ogni caso, in considerazione della attuale convivenza con la sorella, sussisterebbe un giustificato motivo per l’inottemperanza all’ordine di espulsione.
L’illegittimità della sentenza deriverebbe, inoltre, dal fatto, dedotto innanzi al giudice di pace, che il ricorrente, in data 28 settembre 2023, era stato convocato presso la Questura di Roma per il rinnovo/rilascio del permesso di soggiorno e che, in data 29 febbraio 2024, era stato invitato presso la Questura di Roma per ritirare il predetto permesso di soggiorno, poi materialmente ritirato nel mese di settembre 2024.
Il ricorrente conclude, pertanto, che la permanenza sul territorio nazionale era stata regolarizzata con conseguente non punibilità del reato contestato.
Il giudice di primo grado avrebbe, dunque, omesso di confrontarsi con queste circostanze desumibili dai documenti prodotti nel giudizio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine alla omessa applicazione dell’istituto della tenuità del fatto prev dall’articolo 34 del decreto legislativo n. 274 del 2000, eccependo che, pur avendo espressamente avanzato la richiesta in sede di discussione, il giudice non l’h applicato non fornendo alcuna concreta e puntuale motivazione.
2.3. Con il terzo motivo nel ricorso si eccepisce il vizio di motivazione anche in ordine al trattamento sanzionatorio e, in particolare, con riferimento al dini del minimo edittale della pena con concessione dei benefici di legge, delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la richiesta fosse stata avanzata sede di conclusioni e sulla quale il provvedimento ha omesso di rispondere.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. GLYPH Il ricorso è inammissibile.
1.1. Nel dedurre, con il primo motivo, che il giudice di primo grado ha omesso di confrontarsi con la documentazione prodotta in giudizio, senza provvedere alla relativa allegazione, il ricorrente, è venuto meno all’onere precisione, completezza e specificità, in cui si sostanzia il principio della “autosufficienza” del ricorso per cassazione.
Si tratta, infatti, di documentazione solo genericamente menzionata, che, dunque, non è stata posta, con l’atto di ricorso, a disposizione del Collegio, sono state indicate le condizioni perché la Corte potesse individuarne da sé l collocazione nel fascicolo di merito.
A tal riguardo deve ribadirsi l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di ricorso per cassazione, la condizione della specific indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. comma 1, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile sede di legittimità, può essere soddisfatta nei modi più diversi quali, ad esempi l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in c l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito, purché de modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità d ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d), e 5 cod. proc. pen. (Sez. 4 -, Sentenza n. 3937 del 2021, Rv. 280384 – 01; Sez. 2, n
1779 del 2024, dep. 2025 non mass; Sez. 7, Ordinanza n. 38550 del 2024, non mass.).
1.2. Anche il secondo motivo è inammissibile, non confrontandosi il ricorso con il capo della sentenza che ha negato l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 34 – pur erroneamente riferito al d.lgs. n. 286 del 1998, ma chiaramente relativo alla esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto, di cui al d. Igs n. 274 del 2000 – dando conto di una motivazione non insufficiente quanto alla mancata sussistenza dei presupposti della tenuità del fatto.
1.3. Inammissibile, infine, è il terzo motivo di ricorso concernente il trattamento sanzionatorio; il ricorrente non ha tenuto in adeguato conto che con la sentenza impugnata, il giudice ha applicato il minimo della pena edittale pari a 15.000,00 richiamando il criterio di equità. Pertanto, avendo applicato una pena pari al minimo vale vieppiù quanto affermato da Sez. 4, Sentenza n. 21294 del 2013 (Rv. 256197 – 01) secondo cui la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. Parimenti inammissibile è il motivo di ricorso riferito al diniego delle circostanze attenuanti generiche non risultando, come si evince dal frontespizio della sentenza che esse siano state oggetto di specifica richiesta al giudice di pace.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle UJ ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025.