Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31117 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31117 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Marina di Gioiosa Ionica; avverso la sentenza del 20/09/2018 della Corte di appello di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 20 settembre 2018, la Corte di appello di Reggio Calabria nel processo a carico di COGNOME NOME, condannato in ordine ai reati di cui agli artt. 256 del Dlgs. 152/06 nonché 137 comma 1 del medesimo Decreto Legislativo citato, confermava la condanna.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME mediante il suo difensore, proponendo due motivi di impugnazione.
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3.gran il primo, il vizio di omessa motivazione in ordine la doglianze difensive relative alla responsabilità del ricorrente, essendosi redatta una mera motivazione per relationem, evitando, il giudice, l’adozione di un proprio
percorso logico-argomentativo. Con riferimento, in particolare, al capo a) ex art. 256 comma 1 del Dlgs. 152/06′ a fronte della dimostrazione della disponibilità dei titoli abilitativi, depositati in giudizio, la corte si sareb limitata a ribadire la ritenuta successiva regolarizzazione della posizione amministrativa della ditta del ricorrente, omettendo quindi di confrontarsi con la tesi difensiva della esistenza, da sempre, dei titoli abilitativi ritenuti mancanti al momento dell’accesso ispettivo degli uomini del Noe. Riguardo al capo b), ex art. 256 comnna 1 cit., la corte non avrebbe risposto alla doglianza circa la non configurabilità come rifiuto della sanza. Rispetto al capo c) ex art. 256 comma 2 del Dlgs. 152/06 e alla doglianza per cui non potevano ritenersi inquinanti (né vi era stato un accertamento tecnico in tal senso), siccome di origine naturale, i reflui per i quali era stato contestato l’illecito smaltimento sul suolo, la Corte di appello avrebbe evitato di rispondere ribadendo le motivazioni del primo giudice. In ordine al capo d), riguardante lo scarico di acque reflue industriali, egualmente la corte sarebbe stata silente rispetto alle censure difensive.
Quanto poi alla prova della colpevolezza dell’imputato, le doglianze sulla assenza di accertamenti tecnici rispetto alla materialità della condotta erano rimaste prive di risposta e accompagnate dalla mancata considerazione della deposizione del consulente tecnico della difesa, che aveva escluso il carattere inquinante di sostanze rinvenute all’interno della ditta del ricorrente. E si evidenzia, invece, che la valorizzazione del predetto consulente oltre che di altro teste della difesa avrebbe condotto alla esclusione della sussistenza dei reati contestati.
Con il secondo motivo ha dedotto i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, atteso che il giudice facendo riferimento al trattamento sanzionatorio di cui all’art. 256 comma 1 lett. b) piuttosto che lettera a ) avrebbe applicato la riduzione per le generiche rispetto alla pena minima di mesi 6 anziché tre, come invece avrebbe dovuto. Con conseguente errore nella determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME Il primo motivo è inammissibile. Quanto alla censura in tema di sussistenza dei titoli abilitativi, essa è del tutto generica, in quanto il ricorrente si è limitato ad asserire l’esistenza di tali titoli fin dall’accesso dell polizia giudiziaria, in contrapposizione alla tesi dei giudici per cui essi sarebbero stati acquisiti solo dopo i fatti, in via regolarizzatrice degli stessi; e
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tale tesi difensiva è sostenuta senza alcuna allegazione, sebbene sia noto che a fronte di deduzioni di travisamento della prova, sub specie della sua mancata considerazione, come in sostanza emerso in questo caso, il ricorrente ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti che intende far valere, ovvero curando che l’atto sia effettivamente acquisito al fascicolo o provvedendo a produrlo in copia, non essendo sufficiente per l’effettivo apprezzamento del vizio dedotto la citazione (cfr. Sez. 4, n. 18335 del 28/06/2017 (dep. 26/04/2018) Rv. 273261 – 01; anche in motivazione, Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 (dep. 14/03/2012) Rv. 252349 – 01 S.; Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 Rv. 251516 – 01).
Quanto alla rappresentata mancata considerazione della esclusione del carattere di rifiuto della sanza, si osserva innanzitutto che tale censura non emerge dal riepilogo incontestato dei motivi di appello riportato in sentenza, ed al riguardo va ricordato che sussiste un onere di specifica contestazione del riepilogo RAGIONE_SOCIALE contestazioni elevate, così come dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame; in mancanza della predetta contestazione, il motivo, come quello in esame, deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (cfr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei motivi di gravame, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017 Ud. (dep. 28/06/2017 ) Rv. 270627 – 01 COGNOME). In ogni caso, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE due conformi sentenze emerge, da una parte, la evidenziazione RAGIONE_SOCIALE condotte contestate, come confermate, senza confutazione alcuna, anche dalla successiva avvenuta realizzazione di attività idonee a rendere l’impianto industriale conforme a legge, con regimentazione dei rifiuti oleosi, loro depurazione, gestione a ciclo chiuso RAGIONE_SOCIALE acque industriali, conferimento a ditte specializzate dei rifiuti;, dall’altra, la espressa condivisione di tale costrutto motivazionale ad opera dei secondi giudici. Inoltre, del tutto generica perché non argomentata è la censura circa la non configurabilità della sanza come rifiuto. Analoghe osservazioni si formulano in ordine alla doglianza che sarebbe stata proposta con riferimento al capo c). Quanto alla doglianza correlata al capo d), egualmente adeguata è la complessiva motivazione emergente dalla evidenziazione dei contenuti, articolati, della prima sentenza – con riguardo, per quanto qui di interesse, alla rappresentazione del riversamento, su fondi adiacenti, di acque reflue della lavorazione industriale in uno con la successiva regolarizzazione complessiva, anche mediante sopravvenuti titoli abilitativi, della condotta – e dalla espressa condivisione Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
della stessa in uno con il rimando anche all’evidenza dei reperti fotografici e dell’avvenuto accertamento della sopravvenuta regolarizzazione di una attività per la quale, altrimenti, non si sarebbero dovute riscontrare le migliorie organizzative e di gestione e i sopravvenuti titoli abilitativi.
COGNOME Quanto al secondo motivo, si osserva che con l’atto di appello si era solo lamentata la eccessività della pena e non l’erroneo calcolo della stessa, per cui si tratta anche in tal caso di censura nuova. Non va trascurato comunque che la pena finale risulta coerente, e non appare semplicemente frutto di una determinazione di una pena base pari a sei mesi (comunque contemplata per il reato di cui al capo c, emergendo in tal caso rifiuti speciali di cui all’art. 256 comma 1 lett. b del Dlgs. 152/06), poi seguita dalla riduzione per le attenuanti generiche, atteso che il primo giudice ha anche considerato il vincolo per la continuazione tra i vari reati ascritti.
3 Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024 Consigliere estensori) Il Pres