LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: occupazione e furto utenze

La Corte di Cassazione ha analizzato un caso di occupazione abusiva di un immobile pubblico e furto di utenze. L’imputato aveva presentato ricorso contro la condanna, ma la Corte ha ritenuto i motivi in parte inammissibili e in parte infondati. Nello specifico, il ricorso è stato giudicato come una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello e un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. È stato inoltre confermato che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva adeguatamente motivato la sua decisione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione su Occupazione Abusiva e Furto di Utenze

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi presentati non mettono in discussione la logicità della sentenza impugnata, ma tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Il caso riguarda la condanna di un individuo per l’occupazione abusiva di un immobile di proprietà comunale e per il furto aggravato di energia elettrica e acqua. Analizziamo la decisione della Corte e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Occupazione Abusiva e Furto di Utenze

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per una serie di reati, tra cui l’invasione di edifici pubblici (artt. 633 e 639-bis c.p.) e il furto pluriaggravato (artt. 624 e 625 c.p.). In particolare, l’imputato aveva occupato senza titolo un immobile di proprietà dell’amministrazione comunale. Oltre all’occupazione, erano stati realizzati dei collegamenti abusivi alle reti elettrica e idrica pubbliche, permettendo così la fruizione illecita delle utenze.

La Corte di Appello aveva confermato la condanna, ritenendo provata sia l’utilizzazione dell’immobile da parte dell’imputato, sia la sua piena consapevolezza della proprietà pubblica del bene e dell’illegalità dei collegamenti. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolandolo su diversi motivi.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Corte

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giudicandoli nel loro complesso inammissibili o manifestamente infondati. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della difesa e le risposte dei giudici.

Il Primo Motivo: La Presunta Carenza dell’Elemento Oggettivo

L’imputato lamentava un vizio di motivazione e una violazione di legge riguardo ai reati di invasione di edifici, sostenendo la mancanza dell’elemento oggettivo. La Corte ha rapidamente liquidato questo motivo, definendolo una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già ampiamente discussi e disattesi dalla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che la Corte di merito aveva già argomentato in modo esauriente sulla consapevolezza dell’imputato, rendendo il motivo di ricorso non specifico e meramente apparente.

Il Secondo Motivo: il Ricorso Inammissibile sul Furto Aggravato

Anche per il reato di furto pluriaggravato, il ricorrente denunciava una carenza dell’elemento oggettivo. La Cassazione ha dichiarato questo motivo un tentativo inammissibile di ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. La Corte di Appello, con una motivazione esente da vizi logici, aveva fondato il suo convincimento sulla prova non contestata dell’esistenza dei collegamenti abusivi. La Suprema Corte ha ricordato che la valutazione dei fatti è riservata in via esclusiva al giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova analisi in sede di legittimità.

Terzo e Quarto Motivo: la Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Gli ultimi motivi riguardavano il trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto le doglianze manifestamente infondate. La giurisprudenza consolidata affida la graduazione della pena alla discrezionalità del giudice di merito, che la esercita seguendo i principi degli artt. 132 e 133 del codice penale. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la sua decisione, facendo riferimento a elementi decisivi presenti nella sentenza, giustificando così sia l’entità della pena sia il diniego delle attenuanti.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su principi procedurali consolidati. In primo luogo, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito; deve invece contenere una critica specifica e argomentata contro le ragioni della decisione impugnata. In secondo luogo, la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare che il giudice inferiore abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente. Infine, la determinazione della pena è un’attività discrezionale del giudice di merito che, se correttamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti, che attacchino la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata, anziché tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione conferma che l’onere argomentativo del giudice di merito è assolto quando la motivazione è congrua e fa riferimento agli elementi ritenuti decisivi, sia per l’affermazione di responsabilità sia per la commisurazione della pena. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito sulla necessità di distinguere nettamente tra questioni di fatto e questioni di diritto al momento di redigere un ricorso per Cassazione.

Perché il ricorso è stato considerato in parte inammissibile e in parte infondato?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché alcuni motivi erano una semplice ripetizione di argomenti già respinti in appello o tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. È stato ritenuto infondato per quanto riguarda la pena, poiché la decisione del giudice di merito era stata esercitata con discrezionalità e adeguatamente motivata.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non rientra tra i suoi poteri effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. Il suo ruolo è controllare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione della sentenza, ma la valutazione delle prove è riservata esclusivamente al giudice di merito.

In che modo il giudice decide l’entità della pena e la concessione delle attenuanti?
Il giudice determina l’entità della pena esercitando la propria discrezionalità, guidato dai principi stabiliti negli articoli 132 e 133 del codice penale. Per negare le circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice motivi la sua decisione rilevando l’assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati