Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38782 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38782 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA in Tunisia
NOME nato il DATA_NASCITA in Tunisia avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del Tribunale del riesame di Firenze
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Firenze ha rigettato l’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Siena del 15 aprile 2024, che, a seguito di convalida dell’arresto, aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 8 ottobre 1990, n. 309 nei confronti di
NOME e NOME, indagati per avere detenuto, a fine di spaccio, circa 97,00 grammi lordi di eroina (fatto commesso il 12 aprile 2024).
I due ricorrenti erano fermati a bordo di una autovettura guidata da NOME, che già nei giorni precedenti era stata notata spostarsi da Siena ad altri Comuni della Provincia e che la notte prima aveva forzato il blocco di una pattuglia dei Carabinieri. NOME era trovato in possesso dell’eroina, suddivisa in quattro involucri, che custodiva nella tasca dei pantaloni, e della somma in contanti di euro 1530,00; NOME era trovato in possesso di 100,00 euro. All’interno dell’abitazione di NOME era rinvenuto un involucro contenente sostanza da taglio e un rotolo di cellophane, mentre all’interno dell’abitazione di NOME era trovato materiale per il confezionamento di dosi.
Avverso l’ordinanza ricorrono per cassazione, con un unico atto, i due indagati, deducendo i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 73 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.COGNOME
Violazione della CEDU, dell’art. 143 cod. proc. pen. e del d.l.vo 32/2014
Il Giudice della convalida aveva sollecitato la Cancelleria per la convocazione di un’interprete di lingua araba al quale doveva essere conferito l’incarico di tradurre il provvedimento, ai fini della successiva notifica a NOME, che aveva dichiarato di non comprendere la lingua italiana, pur avendo interloquito sufficientemente nel corso dell’udienza di convalida. È chiara la lesione del diritto di difesa in capo all’indagato il quale, anche per la scarsa conoscenza della lingua italiana, nel corso dell’interrogatorio non ha saputo dare dei riscontri certi su circostanze domandate dal giudicante. Da ciò deriva la nullità degli atti compiuti fino ad oggi, sia dell’arresto che della successiva convalida.
2.2. NOME e NOME
Ricorre nel caso di specie l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 8 ottobre 1990, n. 309: siamo in presenza di un’attività rudimentale e i 97,00 grammi sequestrati sono lordi; Si tratta di un quantitativo al di sotto del limite individuato dall’Ufficio del Processo della Sesta Sezione della Corte di cassazione.
Con riferimento alla posizione di COGNOME, lo stesso è estraneo al fatto e i 100,00 euro trovati in suo possesso derivano dallo svolgimento di attività lavorativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
2.Quanto al primo motivo, deve osservarsi, in via preliminare, che lo stesso non riguarda l’omessa traduzione dell’ordinanza di convalida e dell’ordinanza del Tribunale del riesame, in relazione alla quale si è regolarmente provveduto, bensì la mancata traduzione dell’interrogatorio nel corso dell’udienza di convalida.
Va, allora, osservato che, in tema di procedimento di convalida dell’arresto, la nullità di ordine AVV_NOTAIO a regime intermedio dell’interrogatorio, sebbene ritualmente eccepita in udienza, non può essere dedotta nel giudizio di riesame del provvedimento applicativo di misura cautelare, essendo rilevabile esclusivamente con l’impugnazione della decisione sulla convalida, in assenza della quale deve ritenersi sanata (Sez. 1, n. 430 del 18/10/2022 -dep. 10/01/2023- Rv. 283861 -, COGNOME).
L’indagato avrebbe dovuto, in altre parole, impugnare con ricorso in cassazione, l’ordinanza di convalida dell’arresto, ma ciò non è stato fatto e, pertanto, è intervenuta la sanatoria di cui sopra.
Proprio in ragione di ciò, il Collegio della cautela non si sofferma approfonditamente sulla censura, evidenziando, comunque, che «l’indagato ha risposto all’interrogatorio, dando prova di comprendere l’addebito, in presenza del difensore di fiducia che nulla ha osservato in proposito, né risulta che COGNOME abbia chiesto di essere assistito da un interprete».
Ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso.
3.11 secondo motivo di ricorso, inerente alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., deve ritenersi inammissibile in questa fase cautelare alla luce della motivazione adottata a pag.3.
Del resto, la pronuncia cautelare, come è noto, non è fondata sua prove, ma su indizi ed è volta all’accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza, per la quale si ritiene che i giudici del riesame abbiano adempiuto alla propria funzione riservando ad un momento successivo, all’esito di accertamenti tossicologici, la quantificazione dello stupefacente in sequestro e quindi la eventuale qualificazione come ipotesi di lieve entità.
Con riferimento alla posizione di COGNOME, il Tribunale del riesame ha puntualmente sottolineato che il predetto si trovava alla guida dell’autovettura e che, all’interno della sua abitazione, era rinvenuto materiale per il confezionamento di droga.
4.Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti d di cui all’art. 94, comma 1-ter disp att. cod. proc. pen. con riferimento al solo ricorrente sottoposto alla custodia cautelare in carcere.
Così deciso il 16 settembre 2024