Ricorso inammissibile: La Cassazione non è un terzo grado di giudizio
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non consente una rilettura dei fatti. Quando un ricorso si limita a proporre una valutazione delle prove diversa da quella dei giudici di merito, il risultato è un ricorso inammissibile. Questo caso, relativo a una condanna per bancarotta fraudolenta, offre un’occasione preziosa per comprendere i limiti e le funzioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di bancarotta fraudolenta, pronunciata dal Tribunale di Torino. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello della stessa città. L’imputato, non rassegnandosi alla duplice condanna, ha deciso di tentare l’ultima via legale possibile, presentando ricorso alla Corte di Cassazione.
Il motivo del ricorso: una critica alla valutazione delle prove
L’unico motivo di ricorso presentato dalla difesa lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, l’imprenditore sosteneva che i giudici dei gradi precedenti avessero errato nel valutare le prove a suo carico, giungendo a un’ingiusta affermazione di responsabilità penale. La difesa chiedeva, di fatto, alla Suprema Corte di riconsiderare gli elementi probatori e di giungere a conclusioni diverse, più favorevoli al proprio assistito.
La Decisione della Corte: perché il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile definendolo ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un consolidato orientamento, avallato anche dalle Sezioni Unite, che traccia una linea netta tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Invocare una diversa valutazione degli elementi di prova non è consentito in sede di Cassazione, poiché equivarrebbe a trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di giudizio, ruolo che non le compete.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Nelle motivazioni, i giudici hanno spiegato chiaramente che esula dai poteri della Corte di Cassazione effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto che sono a fondamento della decisione impugnata. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice del merito (Tribunale e Corte d’Appello). Presentare una prospettazione diversa e, dal punto di vista del ricorrente, più adeguata delle risultanze processuali non integra un vizio di legittimità, ma si traduce in una richiesta di un nuovo giudizio di fatto, inammissibile in quella sede. La Corte ha quindi condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o su vizi di motivazione che siano palesi e non mascherino un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della causa. Chi intende adire la Suprema Corte deve concentrare le proprie doglianze su questioni puramente giuridiche, relative all’interpretazione e all’applicazione delle norme, senza sperare in una riconsiderazione delle prove. In caso contrario, l’esito sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna a spese e sanzioni.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in un processo penale?
La Corte di Cassazione svolge un ‘giudizio di legittimità’, cioè controlla che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Non può riesaminare i fatti o le prove del processo.
Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31436 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31436 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MADDALONI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino di condanna per il reato d bancarotta fraudolenta;
Rilevato che l’unico motivo del ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di legg vizio di motivazione quanto all’erroneo riconoscimento della penale responsabilità con una motivazione che non ha tenuto conto dei motivi di gravame proposti avverso la sentenza di primo grado – è manifestamente infondato perché il Collegio accede all’esegesi, fatta propria anche dalle Sezioni Unite, secondo cui, nel giudizio di legittimità, non è consentito invoc una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusion contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizi fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risulta processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 16 Maggio 2024.