Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato ricorso inammissibile, l’esame nel merito della questione viene precluso. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio di questa dinamica, rigettando l’appello di un imputato condannato per furto tentato che chiedeva il riconoscimento di una circostanza attenuante. Analizziamo i dettagli della vicenda e le motivazioni giuridiche alla base della decisione.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per furto. In sede di appello, la Corte territoriale di Palermo aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riqualificando il reato da furto consumato a furto tentato. Questa modifica aveva comportato una rideterminazione della pena, ma la condanna nel suo complesso era stata confermata. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di doglianza.
Il Motivo del Ricorso e l’Attenuante Negata
L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla contestazione della mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’articolo 625 bis del codice penale. Questa norma prevede una riduzione della pena in determinate condizioni, spesso legate a un contributo attivo e concreto dell’imputato. La difesa sosteneva che tale attenuante dovesse essere concessa, ma i giudici di merito avevano già escluso questa possibilità.
La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il motivo e lo ha rapidamente liquidato, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo l’impossibilità di riesaminare la questione dell’attenuante, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La sentenza di appello è così diventata definitiva.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha ritenuto il ricorso “manifestamente infondato”. I giudici hanno sottolineato che la sentenza impugnata aveva già fornito una motivazione logica e priva di vizi evidenti per escludere l’attenuante. In particolare, la Corte d’Appello aveva specificato che mancava un “contributo utile e concreto” da parte dell’imputato, requisito essenziale richiesto dalla norma per poter beneficiare della riduzione di pena. Poiché la motivazione del giudice di merito era coerente e giuridicamente corretta, la Cassazione ha concluso che non vi erano i presupposti per accogliere il ricorso, rendendolo di fatto inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un controllo di legittimità sulle decisioni dei giudici di merito. Se un motivo di ricorso si basa su una contestazione la cui infondatezza è palese, come in questo caso, la conseguenza è la declaratoria di inammissibilità. Ciò comporta costi aggiuntivi per il ricorrente e conferma la validità della sentenza impugnata, mettendo la parola fine alla vicenda processuale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto “manifestamente infondato”. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello, che negava un’attenuante per mancanza di un contributo utile e concreto da parte dell’imputato, era esente da evidenti illogicità e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Cosa aveva stabilito la Corte d’Appello in merito al reato?
La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riqualificando il reato da furto consumato a furto tentato (ai sensi dell’art. 56 c.p.), rideterminando di conseguenza la pena ma confermando nel resto la condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10606 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10606 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 15/07/1997
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha riqualificato il furto consumato in furto tentato (artt. 56, 624 bis e 625 n.2 cod. pen.) rideterminando la pena e confermando nel resto la condanna.
Considerato che il primo e unico motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 625 bis cod. pen. è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 4 della sentenza impugnata che esclude la sussistenza di un contributo utile e concreto come richiesto dalla norma) di una motivazione esente da evidenti illogicità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 febbraio 2025