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Ricorso inammissibile: No alla rivalutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per calunnia, ribadendo che non è possibile chiedere ai giudici di legittimità una nuova valutazione delle prove. L’impugnazione mirava a contestare l’elemento soggettivo del reato, ma tale analisi spetta esclusivamente ai giudici di merito. La Corte ha inoltre respinto la richiesta di liquidazione delle spese legali della parte civile.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: quando la rivalutazione dei fatti è esclusa

Quando si arriva al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del suo intervento. Una recente ordinanza ha ribadito un principio cardine della procedura penale: non si può chiedere ai giudici di legittimità di rifare il processo, ovvero di riesaminare le prove. Quando ciò accade, la conseguenza è un ricorso inammissibile. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio i confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un’imputata, condannata in appello per il reato di calunnia (art. 368 c.p.). La ricorrente contestava la sentenza della Corte d’Appello di Milano, sostenendo una violazione di legge riguardo alla configurabilità dell’elemento soggettivo del reato. In altre parole, l’imputata affermava che i giudici non avessero correttamente valutato la sua presunta mancanza di consapevolezza circa la falsità di quanto aveva denunciato.

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su una distinzione netta tra le competenze dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e quelle della Corte di Cassazione. I giudici hanno stabilito che il motivo di ricorso sollevato non rappresentava una vera e propria censura per violazione di legge, ma piuttosto un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove e delle fonti probatorie. La Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza d’appello era puntuale e logica nel dimostrare la piena consapevolezza della ricorrente riguardo alla falsità delle sue accuse. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base dell’ordinanza sono di natura prettamente procedurale. La Corte di Cassazione, quale organo di legittimità, non può entrare nel merito dei fatti. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Pertanto, un ricorso che critica l’apprezzamento delle prove fatto dal giudice di merito, senza individuare specifici vizi logici o “travisamenti” della prova (cioè quando il giudice ha basato la sua decisione su una prova inesistente o ne ha ignorato una decisiva), si pone al di fuori dei poteri della Corte.

Un altro punto interessante riguarda la parte civile. La Corte ha respinto la richiesta di liquidazione delle spese legali avanzata dal difensore della parte civile. La motivazione risiede nel fatto che, in un procedimento già palesemente destinato a una declaratoria di inammissibilità, l’attività difensiva della parte civile (in questo caso, il deposito di una memoria) non è considerata strettamente necessaria a tutelare i propri interessi risarcitori.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che un ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente su questioni di diritto o su vizi logici manifesti della motivazione, e non su contestazioni fattuali. Tentare di ottenere una “terza istanza di merito” è una strategia destinata al fallimento e comporta costi significativi per chi la persegue. In secondo luogo, chiarisce la posizione della parte civile nei procedimenti in cui il ricorso dell’imputato è palesemente inammissibile, limitando il diritto al rimborso delle spese legali solo alle attività effettivamente funzionali alla tutela del diritto al risarcimento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare e rivalutare le prove sui fatti, in particolare riguardo all’intenzione dell’imputata. Questo tipo di valutazione è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), mentre la Cassazione si occupa solo della corretta applicazione della legge.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro. La sentenza impugnata diventa definitiva.

Perché la Corte ha negato il pagamento delle spese legali alla parte civile?
La Corte ha ritenuto che l’attività svolta dal difensore della parte civile (il deposito di una memoria) non fosse strettamente necessaria in un contesto in cui il ricorso era già chiaramente destinato all’inammissibilità. Di conseguenza, le spese sostenute non erano dovute per contrastare una pretesa avversaria con reali possibilità di successo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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