Ricorso inammissibile: la Cassazione chiude alla riqualificazione del reato post-patteggiamento
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 7017/2024) offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. Quando un ricorso è basato su una richiesta di nuova valutazione dei fatti, la strada è sbarrata: il risultato è un ricorso inammissibile. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso nasce da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari. Due soggetti, accusati di reati legati agli stupefacenti (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90), avevano concordato la pena con il Pubblico Ministero. La sentenza, oltre ad applicare la pena pattuita, aveva disposto la confisca del denaro sequestrato.
Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Errata qualificazione del reato: Sostenevano che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nell’ipotesi più lieve di “fatto di lieve entità” (prevista dal comma 5 dell’art. 73), poiché il giudice di merito non avrebbe considerato tutti gli elementi, come il ruolo specifico degli agenti, ma solo il dato quantitativo della sostanza.
2. Illegalità della confisca: Di conseguenza, se il reato fosse stato riqualificato come di lieve entità, la confisca del denaro non sarebbe stata legittima senza una prova certa della sua provenienza illecita.
La Decisione della Corte e il principio del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte non può essere chiamata a riesaminare e reinterpretare i fatti del processo.
Il primo motivo è stato respinto perché la richiesta di riqualificare il reato da un’ipotesi ordinaria a una di lieve entità avrebbe richiesto una “rivalutazione probatoria”, ovvero un nuovo giudizio sul merito dei fatti. Questa attività è preclusa alla Cassazione, che si limita a verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non a ricostruire la vicenda (giudizio di merito).
Il secondo motivo, riguardante la confisca, è stato dichiarato inammissibile di conseguenza. Essendo “genericamente fondato” sulla richiesta di riqualificazione, una volta caduto il presupposto principale (la riqualificazione del reato), anche la questione accessoria (la confisca) perdeva ogni fondamento.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. Il cuore della decisione risiede nell’inammissibilità di un ricorso che mira a una “non consentita ragione di riqualificazione dei fatti in base ad una rivalutazione probatoria”. In altre parole, dopo aver accettato un patteggiamento, che si basa su un accordo tra accusa e difesa sulla qualificazione del fatto e sulla pena, non è possibile tentare di rimettere tutto in discussione in Cassazione chiedendo ai giudici di supremo grado di fare una nuova valutazione delle prove.
La Corte sottolinea che il secondo motivo è intrinsecamente legato al primo. La difesa sosteneva l’illegittimità della confisca nell’ipotesi in cui il reato fosse stato derubricato a fatto di lieve entità. Poiché la Corte ha stabilito di non poter procedere a tale riqualificazione, la questione sulla confisca è risultata inammissibile in quanto basata su un presupposto che non si è verificato e non poteva essere verificato in quella sede.
Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il patteggiamento cristallizza l’accordo delle parti sulla valutazione dei fatti e sulla qualificazione giuridica. L’impugnazione in Cassazione di una tale sentenza ha margini molto ristretti e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile in questi casi comporta, come avvenuto, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a sottolineare l’impossibilità di percorrere tale via processuale per rimettere in discussione l’assetto fattuale concordato in precedenza.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di cambiare la qualificazione di un reato dopo un patteggiamento?
No, la Corte ha dichiarato che un ricorso è inammissibile se si fonda sulla richiesta di riqualificare i fatti, poiché ciò comporterebbe una rivalutazione delle prove che non è permessa nel giudizio di Cassazione.
Perché il motivo di ricorso sulla confisca del denaro è stato respinto?
È stato dichiarato inammissibile perché era strettamente collegato alla richiesta di riqualificazione del reato. Poiché la richiesta principale è stata respinta, anche la questione dipendente da essa ha perso ogni fondamento giuridico.
Cosa accade quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Come stabilito nella sentenza, alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del processo e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7017 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal componente NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME , che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria, su accordo delle parti, ha applicato – per quanto in questa sede di interesse – a NOME COGNOME e NOME COGNOME la pena concordata in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 loro ascritti ai capi da A a Q, disponendo la confisca di quanto in sequestro e, segnatamente, del denaro.
Avverso la sentenza hanno proposto con unico atto ricorso per cassazione i predetti imputati deducendo:
2.1. Con il primo motivo erronea qualificazione del fatto, in presenza di circostanze che potevano essere compatibili con l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, non essendo dirimente il solo dato quantitativo, dovendosi considerare anche il ruolo dell’agente, nella specie non considerato.
2.2. Con il secondo motivo illegalità della disposta confisca del denaro in sequestro, alla quale – come è noto – non può procedersi nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 senza la prova della provenienza illecita della somma sequestrata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il primo motivo è inammissibile in quanto proposto per non consentite ragioni di riqualificazione dei fatti in base ad una rivalutazione probatoria.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto genericamente fondato sulla diversa inaccessibile qualificazione dei fatti.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in Favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/01/2024.