Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, sottolineando come un ricorso inammissibile non possa trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di merito. Il caso riguarda la richiesta di un condannato di vedere riconosciuta la ‘continuazione’ tra diverse condotte illecite, istanza respinta sia in primo grado che, infine, in Cassazione.
Il Fatto: La Richiesta di Riconoscimento della Continuazione
Tutto ha origine da una domanda presentata al Tribunale di Parma, in qualità di giudice dell’esecuzione. Un soggetto condannato chiedeva che diversi reati a suo carico venissero considerati come parte di un unico disegno criminoso, secondo l’istituto della continuazione. Questo istituto, se accolto, avrebbe comportato un calcolo della pena più favorevole, unificando le sanzioni.
Il Tribunale, con un’ordinanza del 22 aprile 2024, ha respinto la richiesta, non ravvisando gli elementi necessari per accogliere la tesi del medesimo disegno criminoso.
Il Ricorso in Cassazione e la sua Inammissibilità
Contro la decisione del Tribunale, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha stroncato sul nascere le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile.
La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa del giudizio di cassazione, che è un giudizio di legittimità e non di merito. Il ricorrente, infatti, non ha sollevato questioni relative a un’errata applicazione della legge, ma ha tentato di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice dell’esecuzione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
I giudici della Cassazione hanno chiarito che il giudice dell’esecuzione aveva già compiutamente analizzato i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi. In tale analisi, non erano emersi ‘concreti indicatori di ricorrenza della comune ideazione’ tra le varie condotte. Di conseguenza, le critiche mosse nel ricorso si risolvevano in una ‘richiesta di rivalutazione in fatto’, un’operazione preclusa in sede di legittimità.
La Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se quest’ultimo ha motivato in modo logico e coerente la propria decisione, come avvenuto nel caso di specie. Pertanto, il ricorso è stato giudicato proposto per motivi non consentiti dalla legge.
Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche del Ricorso Inammissibile
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando elementi che potessero escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ha disposto il versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato in modo responsabile e un ricorso palesemente infondato o basato su motivi non permessi comporta sanzioni per chi lo propone.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare una violazione di legge, chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare e rivalutare i fatti, un’attività che non rientra nelle sue competenze di giudice di legittimità.
Cosa significa ‘riconoscimento della continuazione’?
È un istituto giuridico che permette di considerare più reati come esecuzione di un unico disegno criminoso. Ciò consente di applicare una pena complessiva più mite rispetto alla somma delle pene per ogni singolo reato.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non ci sono elementi che escludano la sua colpa, deve versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5279 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/10/1989
avverso l’ordinanza del 22/04/2024 del TRIBUNALE di PARMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 22 aprile 2024 il Tribunale di Parma , quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda introdotta da NOME COGNOME tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – NOME COGNOME deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, il giudice della esecuzione ha compiutamente esaminato i profili dei fa oggetto dei diversi giudizi, non ravvisando concreti indicatori di ricorrenza comune ideazione tra le diverse condotte e la critica si risolve in una richie rivalutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibili al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente