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Ricorso inammissibile: no a sconti di pena per armi

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per porto d’armi. I motivi, ritenuti generici e ripetitivi, non hanno superato il vaglio di legittimità. Confermata la decisione di non concedere attenuanti data la gravità del fatto (possesso di più coltelli) e i precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Condanna per Porto d’Armi

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, non basta semplicemente dissentire dalla decisione precedente. È fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e non una mera ripetizione di argomentazioni già respinte. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e confermando la condanna di un individuo per porto d’armi, negandogli le attenuanti richieste. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione e le lezioni che se ne possono trarre.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello, che lo aveva condannato per il possesso di armi. La difesa contestava la decisione su tre fronti principali:
1. Una valutazione dei fatti ritenuta errata e sommaria da parte dei giudici di merito, in presunta violazione delle norme sulla valutazione della prova.
2. Il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità, prevista dalla legge sulle armi.
3. La negazione delle circostanze attenuanti generiche.

L’imputato, attraverso il suo difensore, sperava di ottenere una revisione della condanna o, in subordine, uno sconto di pena. Tuttavia, l’esito davanti alla Suprema Corte è stato netto e sfavorevole.

La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 20943/2024, ha respinto in toto le richieste della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione si basa su vizi procedurali e di contenuto che hanno reso impossibile un esame nel merito delle questioni sollevate.

In primo luogo, la Corte ha definito il primo motivo di ricorso come “assolutamente generico” e, aspetto cruciale, basato su censure mai sollevate nei precedenti gradi di giudizio. La legge processuale penale (art. 606, comma 3, c.p.p.) impedisce di presentare per la prima volta in Cassazione motivi che avrebbero dovuto essere discussi in Appello.

Per quanto riguarda gli altri due motivi, relativi alle attenuanti, i giudici li hanno liquidati come “reiterativi di profili di censura già vagliati” dalla Corte d’Appello. In pratica, la difesa si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in secondo grado, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Cassazione ha convalidato pienamente il ragionamento della Corte d’Appello. Le motivazioni per cui le attenuanti non potevano essere concesse erano solide e ben argomentate.

* Nessun fatto di lieve entità: La Corte ha sottolineato che non si poteva parlare di un fatto lieve, dato che l’imputato era stato trovato in possesso di ben tre coltelli e un taglierino. Due dei coltelli avevano una lama di 21 cm, un’arma a tutti gli effetti capace di arrecare “nocumento, anche grave, alla persona”. La quantità e la natura delle armi escludevano a priori la possibilità di considerare l’episodio di scarsa importanza.

* Niente attenuanti generiche: Anche su questo punto, la decisione è stata netta. Le attenuanti generiche richiedono la presenza di “elementi positivi” che possano giustificare una riduzione della pena. Nel caso di specie, non solo mancavano tali elementi, ma l’imputato aveva anche “numerosi precedenti penali”, un fattore che ha pesato negativamente sulla valutazione complessiva della sua personalità e condotta.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante insegnamento sulla tecnica redazionale dei ricorsi in Cassazione. Non è sufficiente contestare una sentenza; è necessario farlo con motivi nuovi (ove consentito), specifici e che mettano in luce reali vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione). Riproporre le stesse difese già respinte senza una critica mirata alla logica della decisione precedente porta quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La conseguenza non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano o troppo generici e non specificati, oppure erano una semplice ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte in modo logico e corretto dalla Corte d’Appello.

Per quale motivo non è stata concessa l’attenuante del fatto di lieve entità?
L’attenuante non è stata concessa perché il fatto non è stato considerato di lieve entità. L’imputato era in possesso di tre coltelli e un taglierino, e due dei coltelli avevano una lama lunga 21 cm, considerata del tutto idonea a causare danni gravi a una persona.

Quali sono state le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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