Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rientrare nel Merito dei Fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un ricorso si limita a proporre una diversa lettura delle prove, senza individuare un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione, il suo destino è segnato: un ricorso inammissibile. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i confini tra il giudizio di fatto e quello di diritto.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per i reati di furto aggravato e tentata rapina. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato, pur rideterminando l’entità della pena.
L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta erronea qualificazione giuridica del reato di furto. Secondo la difesa, la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata nella fattispecie più lieve del ‘furto d’uso’ (art. 626 c.p.), sostenendo che l’intenzione fosse solo quella di utilizzare temporaneamente il bene sottratto per poi restituirlo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è netta e si fonda sulla natura stessa del giudizio di cassazione. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni della difesa non costituivano una critica alla logicità della motivazione della sentenza d’appello, bensì un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, un’operazione preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni
I Limiti del Giudizio di Legittimità e il Ricorso Inammissibile
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra il ruolo del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e quello del giudice di legittimità (la Corte di Cassazione). I primi hanno il compito di ricostruire i fatti attraverso l’analisi e la valutazione delle prove (documenti, testimonianze, etc.). La Cassazione, invece, ha il compito di verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
Nel caso di specie, chiedere di qualificare il fatto come ‘furto d’uso’ implicava una riconsiderazione delle intenzioni dell’imputato e delle circostanze del fatto, ovvero un’analisi del merito della vicenda. La Corte ha etichettato questa richiesta come una ‘mera doglianza in punto di fatto’, inammissibile per legge. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, ha ricordato che non le è consentito né sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito, né saggiare la tenuta logica della sentenza confrontandola con ‘modelli di ragionamento mutuati dall’esterno’.
La Coerenza della Motivazione della Corte d’Appello
Un altro punto cruciale è che la Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata ‘esente da vizi logici’. Il giudice d’appello aveva, infatti, esplicitato le ragioni del suo convincimento, spiegando perché la versione difensiva fosse stata considerata inattendibile, in quanto illogica e priva di qualsiasi riscontro probatorio. Avendo il giudice di merito adempiuto al suo obbligo di motivare in modo coerente, non vi era spazio per un annullamento da parte della Suprema Corte.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: un ricorso per cassazione deve essere calibrato con estrema precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e secondo grado. Per avere una possibilità di successo, è necessario individuare e dimostrare un vizio specifico: o un’errata interpretazione o applicazione di una norma di legge, oppure un’illogicità manifesta e palese nel percorso argomentativo della sentenza. Tentare di usare la Cassazione come una terza occasione per discutere le prove si traduce quasi inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità (errori di diritto o illogicità manifeste della motivazione), si limita a proporre mere doglianze sui fatti, chiedendo una nuova e diversa valutazione delle prove già esaminate dai giudici di merito.
Qual è la differenza tra un giudice di merito e la Corte di Cassazione?
I giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) accertano i fatti e valutano le prove. La Corte di Cassazione, invece, è un giudice di legittimità: il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Cosa significa che la motivazione di una sentenza è ‘esente da vizi logici’?
Significa che il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione è coerente, non contraddittorio e fondato sugli elementi processuali. Il giudice ha spiegato in modo chiaro e plausibile le ragioni del proprio convincimento, rendendo la decisione comprensibile e giustificata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12840 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia resa dal GUP del Tribunale di Grosseto in sede di giudizio abbreviato, ha confermato la condanna per il delitto ex artt. 624, 625 comma 1 n.2 cod. pen. e per quello tentato ex art. 628 comma 2 cod. pen., rideterminando l’entità della pena con la diminuente di cui all’art 422 cod. proc. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità in relazione al reato, denunciando il vizio di motivazione per la mancata qualificazione della condotta di cui al capo 1) in termini di furto d’uso ex art. 626 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto, e tendente a una non consentita rivalutazione delle prove, non illogicamente valutate dal giudice di merito: è nota la preclusione per la Corte di cassazione, non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). È, invero, necessario in questa sede dare atto che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 3) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato, anche dando conto della ritenuta inattendibilità della versione difensiva in quanto del tutto sprovvisto di riscontro e illogica; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.