Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21094 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21094 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BARI il 09/03/1957
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME – condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006 – ha proposto ricorso per cassazione, lamentando: 1) vizi della motivazione e violazione degli artt. 125, 178, 192 e 546 cod. proc. pen., relativamente alla responsabilità penale, dal momento che la Corte avrebbe fondato il proprio giudizio su mere congetture circa la non episodicità del fatto e l’inserimento dell’imputato nel settore dei rifiuti quale operatore; 2) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge processuale relativamente ad una serie di doglianze sollevate nell’atto di appello, alle quali la Corte avrebbe risposto con una motivazione insufficiente e ripetitiva di quanto assunto dal giudice di primo grado.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché diretto a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio sulla base di una rilettura di fatto preclusa sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata;
che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi, con corretti argomenti giuridici di merito, laddove la Corte territoriale valorizza circostanziate dichiarazioni accusatorie rese da COGNOME la presenza in loco del prevenuto, l’interesse alla sistemazione dei rifiuti in questione che derivava dall’incipiente aggiudicazione del lotto di terreno, l’inverosimiglianza dell prospettazione difensiva circa una pretesa situazione di minorità socioculturale dell’imputato, quale era, però in grado di prendere parte con profitto ad un’asta fallimentare (pagg. 8-9 della sentenza);
che la seconda censura, riferita all’insufficienza della motivazione che la Corte avrebbe fornito relativamente alla prospettata bonifica o restituzione in pristino del terreno, è inammissibile, perché – consistendo nella letterale riproduzione del motivo di appello – non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata, che, del tutto correttamente (pag. 10 del provvedimento), evidenzia, ai fini della confisca dell’area: che l’imputato ne è l’esclusivo aggiudicatario a seguito di asta fallimentare; che la bonifica è oggetto di mera prospettazione assertiva e, comunque, non è in grado di escludere la confisca; che, più in generale, le considerazioni difensive circa la proporzionalità della misura sono del tutto astratte;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cass delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa d
ammende.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.