Ricorso Inammissibile: L’Appello in Tribunale Non Sempre è Scritto
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un importante aspetto procedurale riguardante lo svolgimento dei giudizi di appello, dichiarando un ricorso inammissibile e ribadendo principi fondamentali sul diritto di difesa e sui limiti del proprio sindacato. La decisione nasce da un caso di percosse e minacce, ma il suo fulcro risiede nell’interpretazione di una norma emergenziale che prevedeva il cosiddetto ‘rito cartolare’.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
La vicenda giudiziaria ha origine con una sentenza del Giudice di Pace che condannava un imputato per i reati di percosse e minacce, oltre a disporre il risarcimento del danno a favore della parte civile. La decisione veniva successivamente confermata dal Tribunale in funzione di giudice d’appello.
Contro quest’ultima sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali. Il primo, di natura prettamente procedurale, lamentava la mancata celebrazione del giudizio d’appello secondo il rito cartolare, ovvero un processo basato esclusivamente su atti scritti, che il ricorrente riteneva obbligatorio in base alla normativa emergenziale. Gli altri due motivi contestavano la sussistenza stessa dei reati di molestie e minaccia.
L’Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per tutte le censure sollevate. L’analisi si è concentrata in particolare sul primo motivo, ritenuto ‘manifestamente infondato’, e ha liquidato rapidamente gli altri due come questioni di fatto.
Il Rito d’Appello: Interpretazione Restrittiva della Norma
Il cuore della decisione riguarda la presunta violazione di legge per non aver adottato il rito cartolare. La difesa sosteneva che l’art. 23-bis del d.l. 137/2020 imponesse tale modalità. La Cassazione, tuttavia, ha fornito un’interpretazione letterale e rigorosa della norma. I giudici hanno sottolineato come il testo di legge faccia esplicito riferimento alla ‘Corte di appello’ e non, in termini generici, al ‘Giudice di appello’.
Questa distinzione non è casuale, ma rappresenta una precisa scelta del legislatore. Secondo la Corte, si è voluto limitare l’applicazione del rito cartolare solo a un determinato organo giudiziario (la Corte d’Appello), escludendo il Tribunale quando opera come giudice di secondo grado per le sentenze del Giudice di Pace. Inoltre, i giudici hanno evidenziato che l’udienza con trattazione orale, svoltasi nel caso di specie, rappresenta la procedura che assicura la massima esplicazione del diritto di difesa, non comportando alcuna nullità o pregiudizio per l’imputato, il cui difensore era stato regolarmente avvisato.
Inammissibilità delle Censure di Fatto
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, con cui il ricorrente contestava la sua responsabilità penale, la Corte li ha liquidati come ricorso inammissibile in quanto costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. Questo principio riafferma il ruolo della Corte di Cassazione quale giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o la ricostruzione dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito è un motivo di inammissibilità.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di due pilastri fondamentali. In primo luogo, un’interpretazione strettamente letterale della norma procedurale (art. 23-bis d.l. 137/2020), che limita l’obbligo del rito cartolare emergenziale solo alle Corti d’Appello, escludendo i Tribunali. Questa scelta legislativa, secondo la Corte, è coerente con un sistema in cui il Tribunale, anche in sede di appello, ha mantenuto prevalentemente la trattazione orale. In secondo luogo, il principio della massima garanzia difensiva: un rito orale non può mai essere considerato lesivo del diritto di difesa rispetto a un rito scritto, anzi ne rappresenta la massima espressione. Infine, la Corte ha ribadito la propria funzione di giudice di legittimità, dichiarando inammissibili le censure che miravano a una riconsiderazione dei fatti del processo.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione è significativa perché stabilisce un chiaro confine interpretativo per le norme procedurali speciali e riafferma con forza che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per i cittadini e i legali, ciò significa prestare la massima attenzione alla distinzione tra i diversi organi giudiziari d’appello e concentrare i ricorsi in Cassazione esclusivamente su questioni di diritto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile principalmente perché il motivo procedurale sulla mancata celebrazione del rito cartolare è stato ritenuto manifestamente infondato, mentre gli altri motivi sono stati considerati mere contestazioni sui fatti, che non possono essere riesaminati dalla Corte di Cassazione.
La procedura di appello davanti al Tribunale doveva essere obbligatoriamente scritta (‘cartolare’) secondo le norme emergenziali?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la norma emergenziale (art. 23-bis d.l. 137/2020) si riferisce testualmente e specificamente alla ‘Corte di appello’ e non in modo generico al ‘Giudice di appello’, escludendo quindi il Tribunale che giudica in secondo grado le sentenze del Giudice di Pace.
Cosa succede quando un motivo di ricorso viene considerato una ‘mera doglianza in punto di fatto’?
Quando un motivo viene qualificato in questo modo, viene dichiarato inammissibile. Significa che il ricorrente non sta contestando un errore di diritto, ma sta cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale è giudice della sola legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39398 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39398 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2023 del TRIBUNALE di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rq. 16366/2024 – COGNOME. COGNOME – Ud. 25.09.2024
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Catania, che ha confermato la sentenza del 21 aprile 2021 del Giudice di Pace di Catania che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di percosse e minacce e l’aveva condanNOME alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile;
Preso atto che la memoria dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile, è stata depositata telematicannente solo il 20 settembre 2024, senza il rispetto del termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen.;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge per la mancata celebrazione del giudizio di appello nella forma cartolare – è manifestamente infondato 1) in quanto il Collegio ritiene che la norma di cui all’art. 23-bis d.l. 137 del 2020 si riferisca testualmente solo alla Corte di appello e che l’indicazione di tale organo e non, genericamente, del “Giudice di appello”, induca a ritenere che si sia trattato di una precisa scelta legislativa, che ha escluso il Tribunale quale Giudice di appello in coerenza con la circostanza che si tratta di organo dinanzi al quale la normativa emergenziale non ha in generale previsto la possibilità di un contraddittorio meramente cartolare; 2) comunque il difensore ha avuto regolare notifica della data di udienza il 10 agosto 2022 e il rito a trattazione orale con cui il giudizio è stato celebrato consiste in una procedura che assicura la massima esplicazione del diritto di difesa; ne consegue che alcuna nullità rilevante ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen. si è verificata, non essendovi stato pregiudizio alla partecipazione dell’imputato e al suo difensore;
Ritenuto che il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge in ordine alla riconosciuta sussistenza, rispettivamente, del reato di molestie e del reato di minaccia, sono inammissibili in quanto costituiti da mere doglianze in punto di fatto;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende; nulla sulla spese di parte civile, data la tardività della memoria del suo patrociNOMEre.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cas delle ammende. Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso il 25 settembre 2024
Il ConsigIii estensore