Ricorso Inammissibile: I Limiti dell’Appello in Cassazione
Quando si arriva al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione, le regole si fanno più stringenti. Non è possibile presentare nuove argomentazioni a piacimento. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda perché un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta del non aver sollevato le giuste questioni nel momento opportuno, cioè durante il giudizio d’appello. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per furto in abitazione aggravato, confermata dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputata ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto, in particolare la sussistenza di un’aggravante. Tuttavia, questo specifico punto non era mai stato sollevato nel precedente atto di appello.
Il Principio del Divieto di Questioni Nuove e il Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno a un principio cardine del nostro sistema processuale: l’effetto devolutivo dell’appello. Ciò significa che il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati. Se un argomento non viene sollevato in appello, si considera accettato e non può essere ‘recuperato’ in Cassazione.
Nel caso in esame, la ricorrente ha tentato di introdurre una nuova doglianza relativa a una violazione di legge, un punto che la Corte d’Appello non aveva esaminato semplicemente perché non le era stato chiesto di farlo. La Cassazione ha quindi ribadito che non si possono dedurre per la prima volta in sede di legittimità questioni non devolute al giudice d’appello. Tentare di farlo porta inevitabilmente a un ricorso inammissibile.
L’Eccezione dell’Art. 609 c.p.p. e i Suoi Limiti
Esiste una norma, l’art. 609, comma 2, del codice di procedura penale, che consente alla Cassazione di decidere su determinate questioni giuridiche anche se sollevate per la prima volta in quella sede. Tuttavia, questa facoltà ha un limite invalicabile: non deve richiedere accertamenti di fatto.
La ricorrente, contestando l’aggravante, stava in sostanza mettendo in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Per decidere sulla questione, la Cassazione avrebbe dovuto riesaminare le prove e le circostanze del reato, un compito che le è precluso. Il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, l’eccezione non era applicabile.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha motivato la sua decisione in modo chiaro e lineare. In primo luogo, ha evidenziato che il ricorso era basato su una censura inedita, non essendo stata oggetto del gravame di merito. La Corte d’Appello, quindi, aveva correttamente omesso di pronunciarsi su un punto che esulava dalla sua cognizione.
In secondo luogo, ha spiegato che, sebbene la qualificazione giuridica del fatto sia una questione di diritto, nel caso specifico la sua risoluzione avrebbe implicato una rivalutazione del materiale probatorio. La difesa, infatti, non contestava una mera interpretazione della norma, ma la stessa ricostruzione fattuale che aveva portato a ritenere sussistente l’aggravante. Tale operazione è di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo grado e appello).
Infine, la Corte ha rigettato anche la lamentela sul presunto difetto di motivazione della sentenza impugnata riguardo all’aggravante, poiché, non essendo stato devoluto il punto in appello, non sussisteva alcun obbligo per la Corte territoriale di motivare su di esso.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un importante promemoria sull’importanza di strutturare correttamente la strategia difensiva fin dai primi gradi di giudizio. Le questioni e le contestazioni devono essere sollevate tempestivamente, in particolare nell’atto di appello, che definisce i confini del giudizio di secondo grado. Sperare di introdurre nuovi argomenti davanti alla Corte di Cassazione è una strategia destinata al fallimento, che conduce a una dichiarazione di inammissibilità e alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La Cassazione non è una terza istanza di merito, ma il custode della corretta applicazione della legge.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione una questione non discussa in Appello?
Di norma no. Il ricorso per cassazione deve vertere sulle questioni già devolute al giudice d’appello. È possibile sollevare questioni di diritto per la prima volta solo se la loro soluzione non richiede alcun accertamento dei fatti del caso.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava una censura relativa alla qualificazione giuridica del reato che non era stata proposta con l’atto d’appello. Inoltre, la risoluzione di tale questione avrebbe richiesto una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità?
Significa che il suo compito non è quello di stabilire come sono andati i fatti o di valutare nuovamente le prove, ma solo di controllare che i giudici dei gradi inferiori abbiano interpretato e applicato correttamente le norme di legge al caso concreto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3681 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3681 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CARATE BRIANZA il 09/07/1967
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATI -0 E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sua condanna per il reato di furto in abitazione aggravato.
Rilevato che il ricorso è inammissibile in quanto con esso viene dedotta in maniera inedita una violazione di legge relativa ad un punto della decisione di primo grado che non aveva costituito oggetto di devoluzione con il gravame di merito. Va infatti ribadito che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745). Né rileva eventualmente che la questione sulla qualificazione giuridica del fatto rientra nel novero di quelle su cui la Corte di cassazione può decidere ex art. 609, comma 2, c.p.p., posto che la medesima può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità solo se per la sua soluzione non siano necessari accertamenti in punto di fatto, come invece accade nel caso di specie, dove, sostanzialmente, viene contestata, ai fini della configurabilità dell’aggravante, la stessa ricostruzione dei fatti operata dai giudici de merito (ex plurimis, Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 272651; Sez. 1, n. 13387 del 16/05/2013, dep. 2014, Rossi, Rv. 259730). Nè, in ragione della mancata devoluzione del punto relativo all’aggravante della destrezza al giudice dell’appello, rileva l’eccepito difetto motivazione sul medesimo nella sentenza impugnata.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/12/2024