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Ricorso inammissibile: no a nuove prove in Cassazione

Un individuo ha impugnato in Cassazione la propria condanna per resistenza a pubblico ufficiale e reati connessi alla detenzione di stupefacenti. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che i motivi presentati miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa al giudice di legittimità. L’ordinanza conferma che la Cassazione non può riesaminare il merito, ma solo verificare la corretta applicazione della legge, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Ribadisce i Limiti del Giudizio di Legittimità

L’ordinanza n. 18569/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei confini del giudizio di legittimità, confermando come un ricorso inammissibile sia la conseguenza inevitabile quando si tenta di trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale e reati legati agli stupefacenti, il cui ricorso è stato respinto perché basato su censure che esulano dalle competenze della Cassazione. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Corte.

I Fatti del Processo

Un soggetto veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per aver opposto resistenza a degli agenti di polizia e per la detenzione di sostanze stupefacenti. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva prima spintonato un agente per impedirgli l’accesso a un appartamento e, successivamente, aveva colpito con calci e pugni un altro agente che teneva ferma la porta d’ingresso. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso: un Tentativo di Revisione del Merito

I motivi presentati dalla difesa non miravano a denunciare una violazione di legge o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata, bensì a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità.

Primo Motivo: La Prova della Sostanza Stupefacente

La difesa contestava l’efficacia drogante della sostanza sequestrata. La Corte ha ritenuto tale motivo una censura di merito, in quanto l’efficacia era stata già accertata dalla Polizia Scientifica e mai messa in discussione durante il processo nei gradi precedenti.

Secondo Motivo: La Richiesta di Nuove Prove

L’imputato lamentava il rigetto, da parte della Corte d’Appello, della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria. Anche in questo caso, la Cassazione ha considerato il motivo infondato, poiché la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato il proprio diniego, ritenendo gli atti già acquisiti completi e sufficienti per decidere.

Terzo Motivo: La Ricostruzione dei Fatti sulla Resistenza

Infine, la difesa pretendeva una ricostruzione dei fatti più favorevole riguardo al reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questo è l’esempio più palese di un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito, chiedendo alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno direttamente esaminato le prove.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. I giudici hanno chiarito che il ruolo della Suprema Corte non è quello di riesaminare i fatti, ma di assicurare l’uniforme interpretazione della legge e di controllare la logicità delle motivazioni delle sentenze.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua e logicamente motivata” per confermare la responsabilità dell’imputato. Aveva accertato che le condotte di spintonare un agente e colpirne un altro erano di per sé sufficienti a integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Tutte le censure sollevate dal ricorrente erano, in sostanza, “non consentite nel giudizio di legittimità”, poiché miravano a rimettere in discussione profili di fatto già adeguatamente vagliati e decisi.

La conseguenza di tale declaratoria di inammissibilità è, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione è un controllo di legittimità, non un terzo grado di giudizio. Tentare di utilizzare il ricorso per Cassazione per ottenere una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente aggravio di spese e sanzioni per il ricorrente. La decisione serve da monito sull’importanza di formulare i motivi di ricorso in modo tecnicamente corretto, concentrandosi esclusivamente su vizi di legge o illogicità manifeste della motivazione, anziché sperare in un’improbabile revisione del merito.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove o i fatti di un caso?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tutte le censure proposte dall’imputato non riguardavano violazioni di legge, ma tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti (come l’efficacia della droga o la dinamica della resistenza agli agenti), compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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