Ricorso inammissibile: la Cassazione non può rivalutare le prove
Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna, spera di ottenere una revisione del suo caso. Tuttavia, non tutti i ricorsi arrivano a un esame approfondito. La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del giudizio di legittimità, confermando che un ricorso inammissibile è quello che, invece di denunciare errori di diritto, tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove, un compito che non spetta alla Suprema Corte.
Il Contesto del Caso: i Due Ricorsi
Due soggetti, condannati in primo e secondo grado per reati legati allo spaccio di stupefacenti, hanno presentato ricorso separato alla Corte di Cassazione. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la loro colpevolezza, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche come equivalenti alla recidiva.
La Posizione del Primo Ricorrente
Il primo imputato ha basato il suo ricorso su un unico motivo: la presunta totale mancanza di motivazione da parte dei giudici d’appello riguardo alla possibile applicazione di cause di proscioglimento. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato questa possibilità.
Le Doglianze del Secondo Ricorrente
Il secondo imputato ha lamentato la nullità della sentenza per carenza di motivazione e per l’errata applicazione della legge penale. In sostanza, sosteneva che avrebbe dovuto essere assolto per uno specifico capo d’imputazione e che la Corte d’Appello non aveva giustificato a sufficienza la sua decisione.
La Decisione della Cassazione: I Limiti del Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli manifestamente infondati e inammissibili. La decisione si basa su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito (primo e secondo grado) e il giudizio di legittimità (Cassazione).
Il Divieto di “Rilettura” degli Elementi di Fatto
Per il secondo ricorrente, la Corte è stata particolarmente netta. Le sue lamentele, sebbene formalmente presentate come vizi di motivazione e di legge, si traducevano in una richiesta di rivisitazione del compendio probatorio. In altre parole, chiedeva alla Cassazione di fare ciò che è espressamente vietato: riesaminare le prove (come le intercettazioni) e dare una valutazione diversa da quella data dai giudici di merito. La Corte ha ricordato che il suo potere non è quello di una “terza istanza” sul fatto, ma solo di controllo sulla corretta applicazione del diritto.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni della Corte sono state chiare e dirette. Il primo ricorso è stato giudicato infondato perché non si confrontava realmente con l’articolata motivazione della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano infatti spiegato in modo esauriente gli elementi che provavano i reati, basandosi anche su ammissioni della stessa difesa circa l’uso di un’utenza telefonica intercettata. La critica del ricorrente è stata quindi ritenuta generica e non pertinente.
Per quanto riguarda il secondo ricorso, la sua inammissibilità deriva dal tentativo di trasformare la Corte di Cassazione in un giudice di merito. La Corte ha citato precedenti sentenze delle Sezioni Unite per ribadire che “esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione”. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito, e la mera prospettazione di una valutazione alternativa e più favorevole all’imputato non costituisce un valido motivo di ricorso.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La conseguenza diretta di questa decisione è la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno. A livello più generale, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso inammissibile in Cassazione: i motivi devono riguardare esclusivamente errori di diritto (vizi di legittimità) e non tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. Una strategia difensiva che non rispetta questo confine è destinata al fallimento e a ulteriori costi per l’imputato.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché il ricorrente non contestava un errore di diritto, ma chiedeva di rivalutare le prove e i fatti del processo, un’attività che è riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e non rientra nei poteri della Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione non può “ri-leggere” le prove?
Significa che la Corte non può esaminare nuovamente il materiale probatorio (come testimonianze o intercettazioni) per trarne un convincimento diverso da quello del giudice di merito. Il suo compito è solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, senza entrare nel merito della valutazione fattuale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Le conseguenze sono la conferma definitiva della sentenza impugnata, l’impossibilità di esaminare il merito delle questioni sollevate e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una somma di tremila euro per ciascun ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21506 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21506 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Nefzi NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono con separati atti, a mezzo dei difensori di fiducia, ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna, ha confermato peri due imputati la sentenza con cui il Tribunale di Rimini li ha ritenuti colpevoli dei reati loro acritti, qualificati ai dell’art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 (salvo alcune cessioni) e riconosciute le circostanze attenunati generiche equivalenti alla recidiva li aveva condannati alla pena di giustizia.
Con un unico motivo di ricorso l’imputato COGNOME deduce ex art. 606 lett. e) l’assoluta carenza di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod.proc.pen.
Del pari con un solo motivo l’altro imputato deduce la nullità della sentenza ex art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. per carenza di motivazione nonché ai sendi dell’art. 606 comma 1 , lett. b) cod.proc.pen. per erronea applicazione della legge penale per mancata assoluzione dell’imputato per il capo C1).
I ricorsi sono manifestamente infondati.
Con riguardo al primo ricorso la censura é manifestamente infondata atteso che non si confronta con il complessivo apparato motivazionale della sentenza impugnata da cui risultano gli elementi costitutivi dei reati contestati comprovati anche da un’ammissione proveniente dalla stessa difesa dell’imputato circa l’utilizzo di un’utenza intercettata.
Il secondo ricorso é inammisssibile.
Ed invero la censura si traduce nella richiesta di rivisitazione del compendio probatorio non consentita in sede di legittimità. Esula, infatti, dai poteri del Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, NOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260)
Ne consegue che entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024