Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Riesamina i Fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado’ di merito. Quando un ricorso inammissibile viene presentato con l’intento di ottenere una nuova valutazione delle prove, la Corte lo rigetta, confermando le decisioni dei giudici precedenti. Analizziamo questo caso, che riguarda una condanna per usura, per capire i confini invalicabili del ricorso in Cassazione.
Il Caso: Dalla Condanna per Usura all’Appello in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di usura. La sentenza, emessa in primo grado, è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. I giudici di merito hanno ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato sulla base di prove solide, tra cui le dichiarazioni delle persone offese e la documentazione prodotta in atti.
Nonostante le due sentenze conformi, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione. In sostanza, il ricorrente contestava il modo in cui i giudici avevano valutato le prove a suo carico.
Le Doglianze del Ricorrente e il Ricorso Inammissibile
Il ricorso si concentrava su diversi punti:
1. Valutazione della prova: Il ricorrente contestava l’attendibilità delle dichiarazioni delle vittime, chiedendo di fatto alla Cassazione una riconsiderazione del materiale probatorio.
2. Circostanze del reato: Venivano mosse critiche generiche al riconoscimento della circostanza aggravante (aver commesso il reato approfittando dello stato di bisogno della vittima) e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
3. Benefici di legge: Si lamentava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
La Corte di Cassazione ha subito qualificato il ricorso inammissibile, poiché le doglianze, soprattutto quelle relative alla valutazione delle prove, erano finalizzate a ottenere una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il ricorrente non ha evidenziato un ‘travisamento’ della prova, ma ha semplicemente proposto una lettura alternativa delle risultanze, già vagliata e respinta dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione sottolinea che un ricorso, per essere ammissibile, deve indicare errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre questioni di fatto.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si fonda su principi consolidati. In primo luogo, la Corte ribadisce che il suo compito non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Le censure del ricorrente sull’attendibilità dei testimoni erano già state adeguatamente respinte in appello con argomenti logici e coerenti, e il ricorso non si confrontava criticamente con tale motivazione.
In secondo luogo, le lamentele relative alle circostanze aggravanti e attenuanti sono state giudicate prive di specificità e manifestamente infondate. La Corte d’Appello aveva spiegato in modo corretto e giuridicamente fondato le ragioni della sua decisione, e il ricorrente non ha offerto argomenti validi per contestarle.
Infine, riguardo al diniego dei benefici di legge, la Cassazione ha richiamato un suo precedente orientamento (Sentenza n. 20383/2009), secondo cui il giudice non è tenuto a motivare specificamente la mancata concessione della sospensione condizionale della pena quando, come nel caso di specie, mancano palesemente i presupposti stabiliti dalla legge per la sua applicazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante insegnamento: il ricorso in Cassazione è uno strumento tecnico che deve essere utilizzato per denunciare precisi errori di diritto e non per tentare una ‘terza via’ al giudizio di fatto. Tentare di rimettere in discussione la valutazione delle prove senza allegare un palese travisamento si traduce in un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La decisione conferma la necessità di un approccio rigoroso e mirato nell’impugnare le sentenze di fronte alla Suprema Corte, concentrandosi esclusivamente sui vizi di legittimità e non sulla ricostruzione della vicenda.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come le testimonianze, per ottenere un’assoluzione?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o la credibilità dei testimoni. Può intervenire solo se il ricorrente dimostra un errore di diritto o un ‘travisamento della prova’, cioè una palese e decisiva distorsione di un fatto emerso nel processo, cosa che in questo caso non è avvenuta.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate erano generiche e miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti già giudicati nei gradi precedenti, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il ricorrente non ha individuato specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza d’appello.
La Corte deve sempre motivare il diniego di benefici come la sospensione condizionale della pena?
No. Secondo la decisione, non sussiste un obbligo di motivazione specifica sul diniego di benefici come la sospensione condizionale della pena quando mancano i presupposti di legge per la loro concessione, come è stato ritenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 905 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 905 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 24/04/1961
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deducono la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine alla prova posta a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il contestato delitto di usura, è finalizzato ad ottenere, mediante doglianze in punto fatto già proposte e adeguatamente respinte in appello, una rivalutazione delle risultanze probatorie estranea al sindacato di legittimità e avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali già valorizzate dai giudici di merito (si vedano, in particolare, pagg. 3-4 sull’attendibilità delle dichiarazioni dell persone offese, confermate dalla produzione documentale in atti);
che le doglianze relative al riconoscimento della circostanza aggravante di aver commesso il reato nei confronti di chi si trovava in stato di bisogno e all’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge, sono prive di specificità oltre che manifestamente infondate avendo la Corte territoriale motivato con corretti argomenti logici e giuridici – con i quali, peralt il ricorrente non si è confrontato criticamente – l’applicazione dell’aggravante e il diniego della rideterminazione della pena, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5 sulle circostanze del fatto e sulla personalità del ricorrente);
che in tema di motivazione della sentenza, non sussiste l’obbligo di motivare il diniego della concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, quando gli stessi non risultino concedibili per difetto dei presupposti di legge (Sez. 6, Sentenza n. 20383 del 21/04/2009, COGNOME, Rv. 243841 – 01), come nella specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 novembre 2024
Il Consiciliere estensore
Il Preside te