Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel sistema legale italiano, ma non è una terza occasione per discutere i fatti. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i limiti di questo strumento, dichiarando un ricorso inammissibile perché mirava a una rivalutazione delle prove già analizzate. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione è giudice di legittimità, non di merito.
Il Caso in Analisi: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
L’imputato era stato condannato in Corte d’Appello per il reato di cessione di sostanze stupefacenti, secondo la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. Non accettando la sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione.
Il nucleo della sua difesa si basava su un unico motivo: contestare la sua effettiva partecipazione alla condotta illecita. In pratica, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di riconsiderare il materiale probatorio e giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici dei primi due gradi di giudizio.
I Motivi del Ricorso e la Reiezione: un ricorso inammissibile
L’argomento centrale del ricorrente era che la sua partecipazione al reato non fosse stata provata adeguatamente. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato la debolezza strutturale di questa impostazione. Il motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile per due ragioni principali:
1. Richiesta di una nuova valutazione dei fatti: Il ricorso cercava di provocare una “rivisitazione in fatto” del materiale probatorio, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
2. Reiterazione di argomenti già proposti: Le argomentazioni presentate erano, di fatto, una ripetizione di quelle già sollevate e respinte nell’atto di appello.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha spiegato che la Corte d’Appello territoriale aveva già affrontato in modo analitico e con una “motivazione non illogica” il punto sollevato dall’imputato. I giudici di merito avevano attribuito un carattere decisivo all’osservazione diretta della condotta da parte degli agenti operanti. Poiché la motivazione della sentenza d’appello era coerente e priva di vizi logici o giuridici, non c’era spazio per un intervento della Cassazione.
La Suprema Corte ha quindi ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse questioni fattuali già valutate, senza individuare specifici errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata, esso deve essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Principio di Diritto
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze concrete per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, non ravvisando alcuna ragione per un esonero.
Questo provvedimento rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la distinzione netta tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Chi intende ricorrere in Cassazione deve concentrarsi su vizi di legge o di motivazione, non sperare in una semplice riconsiderazione dei fatti che hanno portato alla condanna.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché conteneva unicamente censure che miravano a una nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito, e perché reiterava argomentazioni già presentate con l’atto di appello.
Cosa significa che il ricorso non può contenere una ‘rivisitazione in fatto’?
Significa che il ricorrente non può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove (come testimonianze o osservazioni dirette) per arrivare a una diversa conclusione su come si sono svolti i fatti. Il ruolo della Cassazione è controllare la corretta applicazione della legge, non stabilire la verità fattuale.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13451 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13451 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 22/07/1966
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stato condannato per il reato previsto dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
L’unico motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile, in quanto contenente unicamente censure tendenti a provocare una – non consentita – rivisitazione in fatto del materiale probatorio già valutato dai giudici di merito e, comunque reiterativo di argomentazioni già proposte con l’atto di appello.
In particolare, il profilo di fatto illustrato in sede di motivo di ricorso – att a contestare l’effettiva partecipazione dell’imputato alla condotta di cessione contestata – è stato analiticamente affrontato dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato, con motivazione non illogica, il carattere decisivo da attribuire alla dirett osservazione della condotta da parte degli operanti.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1 1 11 marzo 2025