Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13429 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13429 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/02/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PESCARA il 21/02/1972
avverso la sentenza del 26/01/2018 del TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Pescara ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 256, connma 1, lett. a), d.lgs. 152/20 (commesso il 26 dicembre 2012), condannandolo alla pena, condizionalmente sospesa, di euro 2.600,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, nella part relativa alla affermazione della sussistenza del fatto contestato, di cui invece doveva ritenersi mancante la prova, non essendo stato adeguatamente considerato che il contestato trasporto di rifiuti riguardava terreno vegetale, come riferito dai testimo esaminati, e non, come contestato, materiale ferroso di vario genere, ed essendovi in atti la prova della autorizzazione della propria impresa individuale alla raccolta e al trasport di rifiuti, non pericolosi e pericolosi, fino al 12/12/2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo volto a censurare gli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale, circa la natura di rifiuti dei materiali trasportati dal ricorrent mancanza di autorizzazione allo svolgimento di tale attività, attraverso una rivisitazion degli elementi a disposizione, non consentita nel giudizio di legittimità.
E’ necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, COGNOME, Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attravers una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., no massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Nel caso in esame il Tribunale ha affermato la natura di rifiuti di quanto trasportato dall’imputato, sulla base di quanto risultante dai vari sopralluoghi eseguit dalla polizia giudiziaria (dai quali è emersa l’esecuzione di plurimi trasporti da pa dell’imputato di materiale ferroso e calcinacci in mancanza di autorizzazione) e di tale accertamento il ricorrente propone, tra l’altro in modo generico, una rivisitazione su
piano della lettura degli elementi di prova, non consentita nel giudizio di legittimità, la conseguente inammissibilità del ricorso.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventua prescrizione del reato, peraltro neppure prospettata dal ricorrente, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, COGNOME, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME, Rv. 261616).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2019 Il Consigliere estensore
Il Presidente