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Ricorso inammissibile: no a misure alternative

Un condannato a tre anni di reclusione si è visto negare dal Tribunale di Sorveglianza le misure alternative alla detenzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, sottolineando che i motivi presentati miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione si fonda sulla mancata collaborazione del condannato con i servizi sociali e sulla sua storia pregressa, elementi già correttamente valutati dal tribunale di merito.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione chiude la porta alle misure alternative

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico relativo ai limiti del giudizio di legittimità, confermando la decisione di un Tribunale di Sorveglianza che aveva negato a un condannato l’accesso a misure alternative alla detenzione. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato a una pena di tre anni di reclusione, con una pena residua di due anni, otto mesi e diciassette giorni, aveva richiesto al Tribunale di Sorveglianza di Trieste l’applicazione di misure alternative al carcere, quali l’affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà e la detenzione domiciliare. Il Tribunale, con ordinanza del 14 marzo 2023, aveva rigettato le prime due richieste e dichiarato inammissibile quella di detenzione domiciliare.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza aveva basato la sua decisione su diversi elementi. In primo luogo, era emersa la mancata collaborazione del condannato: nonostante fosse stato convocato più volte dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) per l’indagine socio-familiare necessaria a valutare la sua richiesta, non si era mai presentato. Le giustificazioni addotte (positività al Covid-19 per il primo incontro e un secondo appuntamento in periodo feriale) non sono state ritenute sufficienti a giustificare la totale assenza di contatti successivi. Inoltre, il Tribunale ha considerato negativamente il fatto che il soggetto avesse già beneficiato in passato di misure alternative senza che queste avessero prodotto l’effetto rieducativo sperato. Infine, a suo carico risultava una pendenza per gravi delitti, con una condanna significativa confermata in appello.

I Motivi del Ricorso Inammissibile in Cassazione

Il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe considerato adeguatamente le giustificazioni per la mancata presentazione agli incontri con l’UEPE, né i successivi elementi positivi come lo svolgimento di un’attività lavorativa. Si contestava, inoltre, l’errata dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di detenzione domiciliare, alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia che hanno innalzato i limiti di pena per l’accesso a tale misura. La difesa ha sostenuto che il provvedimento impugnato non avesse valutato pienamente la possibilità di concedere una delle misure, nonostante la disponibilità di un’abitazione idonea.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che i motivi presentati non denunciavano reali violazioni di legge, ma tentavano di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte ha evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza avesse costruito una motivazione logica, congrua e coerente, fondata su elementi concreti: la ripetuta assenza del soggetto agli appuntamenti con l’UEPE, l’esperienza negativa con precedenti misure alternative e la presenza di una pendenza penale grave. La motivazione del Tribunale è stata ritenuta lineare e immune da censure logiche o giuridiche. Per quanto riguarda la detenzione domiciliare, la Corte ha implicitamente confermato la valutazione del tribunale di merito, che l’aveva ritenuta inammissibile per l’entità della pena e l’assenza di motivi specifici (come quelli di salute) che potessero giustificarla.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma il principio secondo cui la Corte di Cassazione è giudice della legittimità e non del merito. Non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione per ridiscutere le valutazioni fattuali operate dal giudice precedente, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o inesistente. Nel caso di specie, la decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su un’analisi completa della personalità e del comportamento del condannato, è stata considerata incensurabile. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma del diniego delle misure, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano reali violazioni di legge, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza, un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità.

Quali sono stati i motivi principali per cui il Tribunale di Sorveglianza ha negato le misure alternative?
I motivi principali sono stati la mancata presentazione del condannato agli appuntamenti fissati con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE), il fatto che avesse già usufruito in passato di misure alternative senza successo, e la pendenza a suo carico di un procedimento per gravi delitti con condanna confermata in appello.

La Riforma Cartabia ha avuto un impatto sulla decisione relativa alla detenzione domiciliare?
Nel ricorso si menzionava la Riforma Cartabia per sostenere l’ammissibilità della richiesta di detenzione domiciliare. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale che l’aveva ritenuta inammissibile, specificando che non sussistevano ragioni, come quelle di salute, che potessero giustificare la concessione della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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