Ricorso Inammissibile: la Cassazione non riesamina i fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati, chiarendo che non è possibile utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati nei gradi precedenti. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti e la funzione del ricorso per cassazione.
I Fatti del Processo
Due soggetti erano stati condannati in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per reati fallimentari. In particolare, erano stati ritenuti responsabili di aver violato l’ordine di soddisfazione dei creditori, un comportamento sanzionato dalla legge fallimentare. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena a otto mesi di reclusione per ciascuno, confermando però l’impianto accusatorio.
Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge riguardo all’elemento oggettivo del reato.
2. Una presunta violazione di legge riguardo all’elemento soggettivo, ovvero l’intenzionalità del comportamento.
La Decisione e il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo la Corte, i motivi presentati non erano vere e proprie censure sulla violazione della legge, ma piuttosto ‘mere doglianze in punto di fatto’. Gli imputati, in sostanza, non contestavano una errata applicazione delle norme, ma cercavano di ottenere una rilettura dei fatti e delle prove a loro favorevole, utilizzando criteri di valutazione diversi da quelli adottati dai giudici di merito.
La Corte ha sottolineato che i motivi del ricorso erano una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, con una motivazione considerata logica e priva di vizi giuridici, aveva già spiegato perché l’alterazione dell’ordine dei creditori fosse stata una scelta ‘scientemente accettata e voluta’ dagli imputati.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. I giudici di primo grado e d’appello hanno il compito di ricostruire i fatti attraverso le prove (‘giudizio di merito’). La Corte di Cassazione, invece, ha il compito di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e seguito una procedura corretta (‘giudizio di legittimità’).
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva accertato che gli imputati erano pienamente consapevoli dello stato di decozione della società e dell’esistenza di altri creditori di pari grado. Nonostante ciò, avevano proceduto a riscuotere dei compensi, alterando l’ordine di soddisfazione previsto dalla legge. Questa ricostruzione fattuale, supportata da una motivazione congrua, non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione. La Suprema Corte ha citato un suo precedente a Sezioni Unite (sentenza n. 6402/1997) per ribadire che ‘esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione’.
Le Conclusioni
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Come conseguenza, gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un monito importante: il ricorso per cassazione non è uno strumento per tentare una terza volta di vincere sul piano dei fatti, ma un rimedio straordinario per correggere errori di diritto. Chi intende percorrere questa strada deve formulare censure precise sulla violazione o errata applicazione delle norme, senza pretendere che la Suprema Corte si trasformi in un giudice di merito.
Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori nell’applicazione della legge (violazioni di legittimità), si limitava a criticare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di primo e secondo grado, proponendo una ricostruzione alternativa. Questo tipo di critica, definita ‘doglianza in punto di fatto’, non è permessa in sede di Cassazione.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione secondo questa ordinanza?
La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una ‘rilettura’ dei fatti del caso, poiché questo compito spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Di quale reato erano accusati gli imputati?
Gli imputati erano stati condannati per reati fallimentari, in particolare per aver violato, in concorso tra loro, gli articoli 216 e 223 della legge fallimentare. L’accusa specifica era quella di aver alterato l’ordine di soddisfazione dei creditori, favorendo se stessi a scapito di altri creditori di pari grado, pur essendo consapevoli dello stato di insolvenza della società.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31492 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31492 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a LUCERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono per cassazione avverso la sentenza del 9 novembre 2023 con cui la Corte di appello di Milano ha parzialmente riformato – limitatamente alla rideterminazione della pena in mesi 8 di reclusione ciascuno, riducendo a mesi 8 anche la durata delle pene accessorie – confermando nel resto, la pronuncia emessa dal Tribunale di Lecco, che aveva dichiarato gli imputati responsabili dei reati di cui agli artt. 1 cod. pen. e 216 comma 3, 223 comma 1 I. fall. e lí aveva condannati alla pena di mesi nove e giorni dieci di reclusione.
Ritenuto che, nell’interesse di entrambi gli imputati, il primo ed il secondo motivo di ricorso, che denunciano rispettivamente, l’uno, violazione di legge penale in ordine all’art. 216, comma 2 I. fall. relativamente alla sussisten dell’elemento oggettivo, e, l’altro, violazione di legge penale in ordine all’art. 2 comma 3 I. fall. in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, inoltre sono indeducibili perché fondati su censure che si risolvon nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, nonché tendenti ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 7 e della sentenza impugnata ove, segnatamente, si conclude che l’alterazione dell’ordine di soddisfazione dei creditori è stata scientemente accettata e voluta dagli imputati che erano ben a conoscenza sia dello stato di decozione in cui già versava la società (per patrimonio negativo) al momento della percezione dei compensi riscossi – in assenza di un’espressa deliberazione da parte dell’Assemblea dei soci -, sia dell’esistenza di altri creditori di pari grado, i avevano uguale titolo ad essere soddisfatti); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettu degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, i via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 16.05.2024.