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Ricorso inammissibile: no a critiche generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. Il ricorso inammissibile è stato motivato dal fatto che l’imputato si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in Appello, senza formulare una critica specifica alla sentenza impugnata, tentando così una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione respinge l’appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19024/2024, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per cassazione è inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza una critica specifica e puntuale alla sentenza impugnata. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i requisiti per un’impugnazione efficace.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 2 marzo 2023, aveva confermato la sua colpevolezza, ritenendo provata la sua disponibilità di un bene di provenienza illecita.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. In sostanza, sosteneva che i giudici d’appello non avessero valutato correttamente le prove, limitandosi a confermare la decisione di primo grado senza un’adeguata analisi critica delle argomentazioni difensive.

I limiti del ricorso inammissibile per la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e netta. I giudici hanno stabilito che l’appello non superava la soglia di ammissibilità per due ragioni principali.

In primo luogo, il ricorso era meramente “riproduttivo” di profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dal giudice di merito. In altre parole, la difesa non ha introdotto nuovi e specifici argomenti contro la logicità della sentenza d’appello, ma si è limitata a ripetere le stesse doglianze. La Cassazione ha sottolineato come la sentenza di secondo grado si integrasse perfettamente con quella di primo, fornendo un quadro motivazionale completo e coerente sulla disponibilità del bene ricettato in capo all’imputato.

In secondo luogo, il ricorso mirava, di fatto, a ottenere una “rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie”. Questo tipo di richiesta è estranea al giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un “terzo grado di giudizio” dove si possono riesaminare i fatti, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti.

Le motivazioni della decisione

La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione netta tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un’occasione per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto dai giudici di primo e secondo grado. Per ottenere un annullamento della sentenza, è necessario individuare specifici vizi, come un’evidente illogicità della motivazione o una palese violazione di una norma di legge.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato alcun “travisamento di emergenze processuali”, ovvero non ha dimostrato che i giudici di merito avessero ignorato o interpretato in modo palesemente errato prove decisive. L’appello si configurava quindi come un tentativo, non consentito, di sostituire la valutazione delle prove fatta dal giudice con una propria interpretazione alternativa. Per questo motivo, la Corte ha rigettato l’istanza, dichiarandola inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. Con la dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Questa decisione serve da monito: per accedere al giudizio di Cassazione non è sufficiente essere in disaccordo con la sentenza di appello. È indispensabile formulare censure specifiche, tecniche e pertinenti, che mettano in luce reali vizi di legittimità e non si limitino a riproporre questioni di fatto già ampiamente dibattute e risolte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza una critica specifica alla sentenza d’appello, e mirava a una rivalutazione delle prove non consentita in sede di legittimità.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in base a questa ordinanza?
La Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, ovvero controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare nel merito i fatti del processo o rivalutare le fonti di prova.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, e la sua condanna è diventata definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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